Una risposta a Julie Bindel

[1] Julie Bindel: You can choose to be gay – I chose to live my life as a lesbian

[2] Is sexual orientation a choice?

Julie Bindel è una femminista inglese che, nell'intervista [2] (citata in [1]) con cui presenta il proprio libro "Straight Expectations. What Does It Mean to Be Gay Today? = Attese Etero. Che significa essere gay oggi?" ha detto che si può scegliere di essere gay (tanto è vero che lei ha scelto di essere lesbica), anche se la scelta non è così semplice come scegliere una marca di detersivo.

Ed ha aggiunto che molte donne condividono la sua esperienza, e sono convinte che, se non ci fosse l'eterosessualità obbligatoria, tutte le donne prenderebbero coscienza di questo e potrebbero diventar lesbiche.

Per quanto riguarda il dibattito sulle origini dell'omosessualità, lei esclude che sia neurologicamente determinata, perché lei sostiene che il substrato neurale lo avrebbero altrimenti già trovato. L'intervistatore ribatte che le ricerche sul cancro sono condotte con ben maggiore abbondanza di mezzi, ma molte cose le dobbiamo ancora scoprire.

Pinknews.co.uk riferisce alcune sue prese di posizione che non apprezzo, ed io la ignorerei, se non mi sentissi obbligato a precisare alcune cose che dice.

Chi legge questo blog sa che sconsiglio di infilarsi nel ginepraio delle ipotesi sull'eziologia degli orientamenti sessuali, perché quello che conta non è sapere che origine hanno e sono mutevoli, ma se sono sani e leciti.

L'omosessualità e la bisessualità non indicano alcun difetto nella persona, e non c'è motivo di proibire alcun comportamento che non faccia male a nessuno. Se siete curiosi di sapere perché al mondo ci sono eterosessuali, omosessuali, bisessuali, eccetera, è una curiosità lodevole, ma saperlo non cambia la vita di nessuno.

Un paragone che mi piace è quello tra l'identità sessuale e l'appartenenza religiosa: ci sono religioni a cui si appartiene per nascita (come ad esempio l'ebraismo ortodosso: il figlio di una donna ebrea viene automaticamente considerato ebreo), altre per scelta (come gli anabattisti, che accettano solo il battesimo degli adulti), ed altre che ammettono ambo le cose (anche l'ebraismo ammette la conversione, ma è un percorso molto difficile).

Nei paesi fatti bene questo non influenza il godimento dei diritti civili e politici; indipendentemente dalla religione ognuno ha il diritto di sposarsi e generare figli od adottarne; non è considerato educato sollecitare una persona ad abbandonare la sua religione, ed insinuare che chi appartiene ad una religione particolare ha subìto un fallimento dello sviluppo psichico è un reato chiamato vilipendio; mentre è perfettamente lecito vantare i meriti della propria religione rispetto alle altre (io non lo faccio), non è lecito invocare discriminazioni contro chi appartiene ad altre religioni.

Tutto questo indipendentemente da come uno sia giunto a professare una religione particolare - dovrebbe essere così anche per gli orientamenti sessuali e le identità di genere.

Vorrei ora entrare nel merito di quello che dice la Bindel; poiché io non sono una donna, ma un uomo, ho deciso di coinvolgere mia moglie in un dialogo a quattro mani.

Ricapitolo la nostra biografia: ho incontrato mia moglie la prima volta nel 2010 ad un evento pubblico dell'Arcilesbica di Verona, di cui ella era la presidentessa. Lei, vedendomi interessato ad argomenti psicologici (sono laureato in Psicologia Generale e Sperimentale), mi chiese di collaborare ad una pubblicazione online che l'Arcilesbica e l'Arcigay di Verona stavano mettendo a punto.

Da cosa nacque cosa, nel 2012 io e lei ci siamo messi insieme e nel 2013 ci siamo sposati; mia moglie si è riclassificata come "bisessuale", io come "genderqueer ginefilico" (ovvero, una persona dall'identità di genere volutamente incerta, a cui piacciono comunque le donne).

Sulla base di queste cose abbiamo così interpretato le parole della Bindel:

R[affaele]: Una donna che dice di aver scelto di essere lesbica, mentre avrebbe potuto continuare ad essere etero e sposare un uomo, deve avere un "sistema desiderante", per citare Paolo Rigliano, che la rende attratta in pressoché egual misura dagli uomini e dalle donne. Pensi, amore, che siano molte le donne così, come dice lei?

L[uigia]: Sì, sono molte. Molte donne che si definiscono lesbiche in realtà hanno questo tipo di attrazione che si dirige sia verso gli uomini che verso le donne. Le uniche lesbiche che non possono fare a meno di esserlo perché attratte esclusivamente dalle donne sono quelle con una corporatura molto maschile.

R: Non accade anche alle etero questo?

L: Certo. Ci sono molte donne che sono etero solo perché non hanno mai preso in considerazione le alternative - e fanno scattare lo stesso il "gaydar". Le riconosci perché hanno comunque molte cose in comune con le lesbiche vere e proprie, e spesso hanno sposato uomini un po' effeminati.

R: Una complementarietà dei ruoli coniugali un po' insolita. Tornando alla Bindel, lei e le lesbiche di cui parla avrebbero i requisiti per dichiararsi bisessuali (come dice Robyn Ochs, "Sono bisessuale perché riconosco di essere potenzialmente attratta dalle persone di più di un sesso o genere ..."), ma hanno preferito dichiararsi lesbiche. C'è un motivo, secondo te?

L: I pregiudizi contro le donne bisessuali, comuni sia tra gli etero che tra le lesbiche.

R: Della bifobia abbiamo fatto esperienza. Però osservo una cosa, partendo dalla mia esperienza personale. Ho sempre vissuto le mie attrazioni sessuali come una cosa incontrollabile. Uno dei motivi per cui non sono un razzista è che, qualunque cosa potessi pensare di una razza, nazionalità o religione, finivo sempre con il sentirmi attratto da una o più donne di quella razza, nazionalità o religione. Mi capisci, non posso pensar male di chi mi attizza!

L: (sorride)

R: Mi dichiaro un "Kinsey 1" perché ammetto che per qualche maschietto ho fatto un pensierino - che è rimasto un pensierino. Però ... mi chiedo se veramente una donna può scegliere di innamorarsi solo delle donne, se è attratta sia da loro che dagli uomini. Non c'è il pericolo che l'eros si intrometta, come è successo poi a Chirlane McCray, la moglie del sindaco di New York City?

L: Il pericolo c'è; la stessa Bindel dichiara che è una scelta deliberata e politica, in cui il cervello si impone sul cuore.

R: Capisco.

L: Io penso che ci si innamora di una persona per il suo carattere, per la complementarietà che c'è tra il suo ed il proprio, più che per quello che ha in mezzo alle gambe.

R: E c'è modo di restringere la ricerca alle persone di un genere particolare?

L: Sì. Anche molte donne "etero" lo fanno per non rischiare le complicazioni dell'innamorarsi di una donna, per evitare tutti i problemi che potrebbero insorgere da una relazione omosessuale.

R: Ma come ci riescono?

L: Con la ragione. Se sentono il desiderio di baciare una donna, non lo fanno.

R: Che differenza c'è tra questo modo di agire e quello che potrebbe proporre un "terapeuta riparatore"? In fin dei conti, i più furbi dicono: "Io curo solo chi vuole cambiare".

L: Non è molta. In entrambi i casi ci si rifiuta di dare ascolto al proprio cuore. Lo stigma sociale ti trattiene dall'esprimere la tua affettività con una donna od una persona in genere, lo stigma ti fa entrare nello studio di un terapeuta riparatore.

R: Ho capito. La liberazione bisessuale è liberazione sessuale. Potrei anche citare (in un modo che lei potrebbe non apprezzare) una psicoanalista junghiana, Marie-Louise Von Franz, che diceva che dopo la liberazione sessuale ci vuole la liberazione del cuore.

Raffaele Ladu & Luigia Sasso