Michael Glatze

[1] Gay actor Zachary Quinto joins new ‘ex-gay’ activist biopic

[2] How a 'gay rights' leader became straight

[3] My Ex-Gay Friend

[4] Michael Glatze

Oggi ho letto in [1] che Gus Van Sant, il produttore del famoso film Milk, sta per produrre un film su Michael Glatze, un famoso attivista gay americano che nel 2007 ha lasciato il movimento, ha scritto l'articolo [2] ed è diventato un pastore fondamentalista, e tanto omofobo che la NARTH di Joseph Nicolosi ha dovuto togliere dal proprio sito un'intervista di Glazer a Nicolosi, in quanto non era semplicemente eteronormativa, ma francamente omofoba - e Nicolosi non vuole essere confuso con gli omofobi che compiono violenze contro le persone omosessuali.

Nel 2011 Benoit Denizet-Lewis (di cui ho tradotto qui un articolo sulla bisessualità) ha intervistato Michael Glatze; loro due avevano lavorato insieme per le riviste gay XY ed YAG (fondate proprio da Glatze), e questo spiega anche il tono cameratesco, da vecchi compagni d'armi che si rivedono molti anni dopo una cruenta battaglia, dell'intervista.

Non altrettanto si può dire di [4]: Truth Wins Out = La verità trionfa è un sito utile nello smontare le panzane delle terapie riparative, ma nel caso di Michael Glatze gli ha mancato mostruosamente di rispetto: quando lui ha sposato una donna il 26 Ottobre 2013, gli ha dedicato un articolo semplicemente infamante, che farebbe passare a chiunque la voglia di impegnarsi per i diritti LGBTQAI.

Dalle poche cose che ho visto, Michael Glatze non sostiene di aver cambiato le persone da cui si sente attratto: dice che ha imparato a sopprimere l'attrazione che prova per i maschietti, usando tecniche di meditazione.

Questo non smentisce il mio assunto secondo cui non si possono cambiare le persone da cui ci si sente attratti; se ha sposato una donna, ed il matrimonio ha un minimo di solidità, deve provare dell'attrazione per sua moglie - il che fa pensare che egli fosse in realtà bisessuale; quella che è cambiata non è l'attrazione sessuale, ma l'identità sessuale - non si identifica più come gay, ma come etero.

Non c'è bisogno di una terapia specifica per questo (Michael Glatze dice di non averne mai ricevute): Ernest Renan (1823-1892), vissuto molto prima di Teresa De Lauretis e Judith Butler, avvertiva nella sua conferenza del 1882 "Che cos'è una nazione?" che
L'esistenza di una nazione è (mi si perdoni la metafora) un plebiscito di tutti i giorni, come l'esistenza dell'individuo è una affermazione perpetua di vita. Oh! Lo so, ciò è meno metafisico del diritto divino, meno brutale del preteso diritto pubblico. [p. 20]
Non solo:
L’oblìo, e dirò persino l’errore storico, costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una nazione, ed è per questo motivo che il progresso degli studi storici rappresenta spesso un pericolo per le nazionalità. La ricerca storica, infatti, riporta alla luce i fatti di violenza che hanno accompagnato l’origine di tutte le formazioni politiche, anche di quelle le cui conseguenze sono state benefiche (...). [p. 7]
Questo paragrafo anticipa di 108 anni  le considerazioni di Judith Butler sulla "melanconia del genere", e spiega perché mai le teorie queer spaventano tanto.

Quello che Renan dice dell'identità nazionale vale per tutte le identità sociali - compresa quella sessuale e di genere. Non per niente Renan metteva in guardia non solo contro i tentativi di rinvenire l'anima di una nazione in quella che è palesemente una costruzione sociale come la lingua, ma anche contro i tentativi di rinvenirla nelle caratteristiche somatiche delle persone - quell'insieme di cose che lui chiamava "razza", un concetto che lui aveva esaltato da giovane, ma di cui in quel momento denunciava facilmente le aporie.

Distinguere il "genere" dal "sesso", e rifiutare di classificare le persone in base ad uno dei due oggi ha lo stesso valore che aveva nel 19° Secolo distinguere la "lingua" dalla "razza", e contestare il valore identitario di entrambe.

Quando Michael Glatze dice che non esiste un'identità omosessuale, e che tutti noi siamo eterosessuali, lui implicitamente afferma che l'eterosessualità è un oggetto fisico (in quanto caratteristica insopprimibile dell'essere umano), e l'omosessualità e la bisessualità (la aggiungo perché lui se ne è dimenticato) sono oggetti sociali - ovvero, secondo lui, pure fantasie.

In realtà, tutte le identità sessuali devono avere il medesimo status ontologico, in quanto sono nate contrapponendosi le une alle altre: prima è nata la parola omosessualità (Kertbeny, 1869), poi eterosessualità e bisessualità (Kraft-Ebbing, 1886) per contrapposizione. Di Glatze si dice che si era letto tutti i libri dei teorici queer, ma non è capace di fare questo elementare ragionamento.

Renan gli avrebbe spiegato che tutti gli orientamenti sessuali sono costruzioni sociali né più né meno delle nazioni. Può essere difficile entrare in una nazione già costituita, non ci vuol niente per lasciarla.

Idem per chi vuole smettere un'identità sessuale come un vestito che non gli va più bene - gli consiglio però di non sostituirla con una che non si adatta al paniere di persone da cui si sente attratto, perché questo gli creerebbe perenni conflitti interni, ovvero una persistente infelicità.

Benoit Denizet-Lewis, in [3] ha intervistato anche l'ex-fidanzato di Michael Glatze, Ben, e questi dice che Glatze gli era sempre sembrato più un teorico dell'omosessualità, affascinato dalle teorie queer, che un omosessuale pratico.

Se Glatze aveva davvero una  limitata attrazione omosessuale (dice che l'ha soppressa con relativa facilità), questo può spiegare l'alienazione che lui sentiva e che ha espresso in [2] in toni molto feroci, dicendo che il comportamento omosessuale [homosexuality in inglese è un falso amico: può voler dire sia "orientamento omosessuale" che "comportamento omosessuale"] gli impediva di trovare la verità su se stesso.

Glatze dice di essere diventato omosessuale perché si sentiva debole come maschio; non conosco di persona individui che abbiano abbracciato un'identità omosessuale per questo - tutti gli omosessuali che conosco (e sono tanti!) sono invece persone non meno virili degli etero che conosco, e se uno pensa a persone come Tim Cook, il CEO della Apple, gay dichiarato, si rende conto che questa è una bella sciocchezza.

Inoltre, non è che questo tipo di inadeguatezza nel recitare il proprio ruolo di genere, se c'è davvero, guarisca facilmente. Mi piacerebbe sapere se i terapeuti riparatori possono mostrare altri segni e sintomi di questa "guarigione" oltre alla cessazione del comportamento omosessuale.

Tra parentesi, normalmente si ritiene psicologicamente più solida una persona che evita di attaccare il prossimo senza motivo e che argomenta in modo pacato, di una che sbraita come pare abbia fatto Glatze in passato, dopo aver cambiato identità sessuale. Forse la relazione tra forza di carattere ed identità sessuale non è così lineare come lui afferma.

Il sospetto di fronte ad affermazioni come questa è che ci troviamo di fronte a questo sillogismo:
  • Il vero maschio [o meglio, il maschio adeguato al ruolo] resiste alle tentazioni
  • I rapporti omosessuali sono una tentazione
  • Il vero maschio non ha rapporti omosessuali
Per converso, chi ha rapporti omosessuali non è un vero maschio. Ma se noi troviamo un "vero maschio che ha rapporti omosessuali", uno solo (per esempio, il citato Tim Cook), confutiamo il sillogismo (visto che non mi chiamo Oscar Wilde, direi che la seconda premessa è quella falsa).

E se cerchiamo di salvarlo rifiutandoci appunto di considerare un "vero maschio" chi ha rapporti omosessuali, cadiamo nel sofisma chiamato "nessun vero scozzese", varietà piuttosto comune della "petizione di principio": si mette nella premessa proprio ciò che si vuole dimostrare.

Dire che un uomo abbraccia un'identità omosessuale perché si sente inadeguato al ruolo è un modo di mascherare questa petizione di principio. Tutte le terapie riparative che si basano su di essa sono fallaci, e dimostrano al massimo il proverbio americano: "Lo stolto ed i suoi soldi si separano in fretta".

Antonio Gramsci sconsigliava di confutare cose così minuscole - paragonava chi ci provava ad uno che ha bisogno di appoggiarsi ad una citazione anche solo per affermare che 2 + 2 = 4. Ma non è colpa nostra se vengono gabellate per verità scientifiche affermazioni indegne di chi ha la licenza elementare.

E non credo che siano stati i problemi familiari a fare di Glatze un gay - è facile colpevolizzare i genitori per quello che in noi non ci piace, ma spesso (ed in questo caso) cosa è successo davvero non lo sappiamo. Ne sanno qualcosa le madri dei pazienti schizofrenici ed autistici, a lungo colpevolizzate per le malattie dei figli, e solo ora riabilitate con gli studi sulla neurologia e la genetica di queste condizioni.

Tra le persone che nel New Jersey hanno fatto causa contro Jonah, organizzazione ebraica che forniva terapie riparative, ci sono stati dei genitori che hanno accusato Jonah di aver seminato zizzania tra loro ed i figli, in quanto hanno dato ai genitori la colpa dell'omosessualità dei figli, ed incoraggiato i secondi ad esprimere rabbia contro i primi picchiando i ritratti delle loro madri.

Gli omofobi dichiarano di voler difendere la famiglia "tradizionale", ma mostrano di ignorare che il mestiere dei genitori è difficile anche quando non si cospira a loro danno attribuendo loro colpe che non hanno.

Mi spiace che ora Michael Glatze ritenga che l'omosessualità sia un errore (lo dice qui), ed abbia attaccato Barack Obama per motivi razziali (uno dei casi in cui ha "sbraitato"), ma lo sbaglio più grosso lo fa chi lo ha riempito qui di sberleffi quando si è sposato e pronostica (per cominciare!) che la moglie di un ex-gay diventerà presto un'ex-moglie.

Mia moglie ed io abbiamo ricevuto questo genere di auguri per il nostro matrimonio, e la sfortuna l'hanno portata a chi ce li ha fatti, non a noi :-) Anche se noi ritenessimo Glatze ancora omosessuale (non lo crediamo: lui non cerca più relazioni intime con uomini), il suo matrimonio con Rebekah (auguri!) sarebbe un "matrimonio ad orientamento sessuale misto", un matrimonio difficile, non impossibile da far funzionare.

Pronosticare il divorzio è prematuro (quante volte io e mia moglie avremmo dovuto lasciarci per dare soddisfazione ai cretini?); farlo sperando che la profezia si autoavveri è un torto che non si merita nessuno e che squalifica chi lo infligge. Il meno che gli si può rispondere è che chi fa queste cose si è già rassegnato a non sposarsi mai, e per questo non ha bisogno di dare il buon esempio, perché del cattivo esempio non pagherà mai il prezzo.

Quando il film verrà distribuito nelle sale, andremo a vederlo. Non è detto che ci piacerà (anche se il produttore Gus Van Sant e l'attore protagonista James Franco sono una garanzia), ma sicuramente impareremo qualcosa.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale