Una scuola che insegna a disprezzare la maternità

[0] Lesbian Teacher’s Firing Yields More Questions than Answers

L'articolo riferisce di un'insegnante di chimica in una scuola cattolica del Michigan licenziata perché rimasta incinta senza essersi sposata in chiesa.

Sposarsi in chiesa non le era possibile, perché lei era lesbica con una compagna (ed infatti la decisione di avere un figlio è stata della coppia), e non le era possibile sposarsi civilmente in Michigan perché la sentenza che il 21 Marzo 2014 aveva dichiarato incostituzionale il divieto di matrimonio egualitario era stata sospesa il 22 Marzo - sospensione tuttora in vigore.

È vero, gli USA sono l'unico paese progredito al mondo a non proteggere le donne incinte dal licenziamento, ma è il colmo che sia proprio la scuola di una chiesa che propone come modello per i suoi fedeli una donna che portò avanti una gravidanza in condizioni difficilissime a licenziare una donna perché gravida.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Come una madre surrogata è diventata una madre a pieno titolo, insieme con sua moglie


Keston (sx), Andrea (centro) e Delaney Skye (dx)
[0] è un commovente articolo di The Advocate, la gloriosa rivista americana LGBT, articolo che rimpiango di non avere il tempo di tradurre per intero.

Molti omofobi sostengono che gay e lesbiche vogliono i figli per capriccio; l'articolo mostra invece come una coppia lesbica possa decidere di avere una figlia in circostanze inconsuete e che le impongono di cambiare modo di pensare.

Keston ed Andrea Otto-Dahl sono una coppia lesbica della California, regolarmente sposata come consente la legge dello stato, che un giorno si offre per un gesto di generosità: generare il figlio che una coppia lesbica aveva cercato inutilmente (e costosamente!) di partorire.

L'autrice, Keston Otto-Dahl, riferisce con una punta di compiacimento che dove non sono riusciti i medici a fecondare sua moglie Andrea, riuscì una banale siringa (come si usa è spiegato qui); ma, dopo la fecondazione si presentò un serio problema: i medici scoprirono che il nascituro era una bimba con la Sindrome di Down.

Le amiche di Keston ed Andrea rifiutarono la prospettiva di allevare la bimba che avevano commissionato; Andrea decise invece di tenerla, e convinse anche la moglie Keston (che si autodefinisce un'"ex-abilista", cioè una che disprezzava le persone disabili, ma si è resa conto che era una mostruosità) ad allevarla.

Le due donne ora sono diventate mamme, ed hanno costituito una fondazione per aiutare la loro figlia, Delaney Skye, hanno pubblicato un libro (e stanno per pubblicarne un altro) per raccontare la loro storia. Questo anche perché non condividono la scelta della coppia australiana che non ha voluto la bimba con la sindrome di Down che una mamma thailandese ha concepito per loro.

Prima adozione in Italia da parte di una coppia lesbica



[0] commenta una sentenza ormai famosa del Tribunale di Roma, che ha consentito l'adozione di una bambina da parte della partner lesbica della madre biologica. Consigliamo di leggere l'articolo, e ci limitiamo ad osservare che il tribunale si è limitato ad applicare la legge, in quanto consente, in casi particolari in cui giovi al supremo interesse del minore, di non esigere che l'adottante sia una coppia legalmente sposata - ed il medesimo tribunale ha riconosciuto che l'omogenitorialità non è inferiore all'eterogenitorialità in astratto (né dal punto di vista psicologico né dal punto di vista giuridico), che in concreto la bimba era amorevolmente accudita dalle sue due mamme, e perciò il supremo interesse di lei era che la co-madre non fosse tale solo di fatto, ma anche di diritto.

Gli eteronormativi per non dire omofobi [1] si stracciano le vesti, aumentando così la nostra gioia.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Saune in crisi negli USA

[0] Gay bathhouses nationwide facing uncertain future

L'articolo [0] mostra come le saune gay (la traduzione esatta sarebbe "i bagni pubblici gay") negli USA siano in crisi, tanto che da 200 che erano nel 1970, sono scese a circa 90 nel 1990 ed a meno di 70 oggi.

La ragione è evidente: ora che i rapporti gay sono socialmente molto più accettati, non c'è più bisogno di luoghi deputati agli incontri clandestini tra persone velate. Potrei aggiungere che ora che si può rimorchiare online, non è più indispensabile recarsi lì per cuccare.

Le saune superstiti, o tagliano i prezzi, o cercano di riqualificarsi: molte di loro stanno diventando locali di lusso, con DJ, sex shop e perfino stanze d'albergo per chi non vuole chiudersi nel cesso, ed alcuni clienti dicono che un'avventura, è meglio consumarla lì che correre il rischio di portarsi un arrapante sconosciuto in casa.

Perciò le saune non scompariranno; faccio però notare che sono state per molto tempo il simbolo dello stile di vita gay, e non sono mancati gli omofobi che dicevano che i gay sono capaci soltanto di frequentare le saune, non di creare una coppia stabile.

Quello che sta accadendo invece mostra che questo era solo effetto della stigmatizzazione: dove i gay possono vivere alla luce del sole e sposarsi, non hanno bisogno di frequentare una sauna. Il matrimonio egualitario avrà due effetti: da una parte imporrà di riscrivere le regole di tutti i matrimoni (la cosa più temuta dagli omofobi), dall'altra normalizzerà la vita delle persone LGBTQAI (cosa temutissima dai radicali del movimento).

Visto che mi piace paragonare la minoranza ebraica alle minoranze sessuali, ricordo che uno degli stereotipi più sgradevoli sugli ebrei era che erano sporchi. Ma se li si chiudeva in dei ghetti sovraffollati, questo era inevitabile; e gli storici ricordano come tragica ironia della storia il fatto che i nazisti, convinti che gli ebrei fossero portatori del tifo petecchiale, li avessero chiusi nello stretto Ghetto di Varsavia.

Ma se si chiudono 400 mila persone in meno di 3,4 chilometri quadrati, e la medicina non ha ancora sviluppato insetticidi ed antibiotici efficaci, qualunque malattia diventa epidemia - anche di tifo.

La profezia si era autoavverata - è ora che si autoavveri un'altra profezia, cioè che la famiglia diventi il luogo dell'amore e non della riproduzione sociale.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale.

RBG su razza, genere, sessualità

[1] Justice Ginsburg: America Has A ‘Real Racial Problem’

Ruth Bader Ginsburg (1933-in forma smagliante)
Ho già parlato qui della giudice donna americana ed ebrea Ruth Bader Ginsburg [detta affettuosamente "RBG"], e di come si lamentasse che i giudici della Corte Suprema USA fossero diventati più comprensivi verso le persone LGBT che verso il gentil genere.

A questa lagnanza, RBG ha aggiunto, in un'intervista riassunta in [1], che lo stesso si può dire delle questioni razziali: mentre un tempo (fino agli anni '70, quando RBG era una delle più famose avvocatesse specializzate nel campo dei diritti civili) la Corte Suprema USA faceva scuola in tutto il mondo per il modo in cui smantellava la discriminazione razziale, ora non è più così.

Benvenuti nell'era della bisex generation

Se la modernità è liquida, l'identità sessuale si fa fluida: aperta a ogni possibilità. Etero, gay? Superati. Il mondo si scopre bisessuale. Anzi, "flexisexual": insofferente a limiti e barriere

di Roselina Salemi

La bisessualità è un’opinione? Una trasgressione? Un’inclinazione? Frutto dell’incertezza - come la vede Pedro Almodóvar - o forma di par condicio, impazza sulle pagine della stampa internazionale. Il “New York Times” avvia un dibattito che spazia dalla “teoria queer” (secondo cui l’identità sessuale è costruita socialmente) al post-femminismo con autorevoli interventi del movimento Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans). Il “Nouvel Observateur” registra l’attitudine “bi-cool” delle ragazze francesi (vedere il sito Bi’cause). Sull’“Express” quindici-venticinquenni si chiedono perché mai scegliere e decidono di esplorare una terza via, all inclusive.
Alla fine si arriva alla nostra “posta del cuore”: tale Valentina confida l’attrazione per una massaggiatrice alla sessuologa Marinella Cozzolino, sul settimanale “Effe”: «È successo qualcosa di strano e inaspettato, visto che ho sempre pensato di essere etero (ho 35 anni, un compagno e un figlio). Insomma, mi sono eccitata. Sentire le sue mani calde lungo la schiena e sfiorare i glutei mi dava una sensazione di enorme piacere e ammetto, se fosse scesa più in basso, non l’avrei fermata. Per tutto il giorno mi è rimasta una gran voglia di fare l’amore. Sono bisessuale?». La dottoressa risponde, rassicurante: «La sessualità non ha schemi, non ha regole, non ha nomi. Se ci rifletti, capisci da sola che non ti cambia niente sapere se sei etero, omo o bi. La sessualità ci rende capaci di sperimentare emozioni diverse e incredibili».

Se gli americani valutano che il 2-6 per cento della popolazione mondiale sia bisex e la sondaggistica inglese e francese fissa intorno al
20 la percentuale di donne disposte a sperimentare”, da noi non esistono studi sui bisex né analisi statistiche, salvo un’Istat del 2012. Tra gli intervistati, un milione si è dichiarato omo o bi, altri due milioni hanno ammesso di aver provato innamoramento o attrazione, o di essere andati a letto, con persone dello stesso sesso. Per Paolo Valerio, professore di Psicologia clinica all’Università Federico II di Napoli e presidente dell’Osservatorio Nazionale Identità di Genere (Onig), due milioni sono solo la punta dell’iceberg. «Di tutto quello che si agita sotto la superficie della “normalità” possiamo avere un’idea leggendo i dati che riguardano il cybersex, che in Italia è al terzo posto nelle fonti di pubblicità sul web. Lì puoi essere bisessuale e trisessuale, uomo, donna o quello che vuoi». Umberto Veronesi, scienziato ed ex ministro della Salute, aveva portato lo scompiglio già nella sonnolenta estate del 2007 profetizzando un futuro bisex per tutti. In sintesi: la specie umana si va evolvendo verso un “modello unico”, le differenze tra uomo e donna si attenuano, il sesso non è più l’unica via per procreare. È l’evoluzione naturale della specie, che prenderà consistenza fra due o tre generazioni.

Dobbiamo accettare l’idea di vivere una lunga transizione che rende sempre più labili le frontiere. Per le basi teoriche dello sconfinamento va letto “Sexual Fluidity: Understanding Women’s Love and Desire” di Lisa Diamond, accreditata docente di psicologia all’Università dello Utah.
L’identità sessuale può cambiare diverse volte nel corso della vita, si è attratti dalla persona e non dal genere, il desiderio non ha regole rigide, per cui benvenuti nell’era della fluidità. Piccola nota: le donne sono esploratrici spregiudicate e disponibili, gli uomini continuano a proclamarsi fieramente etero anche quando hanno relazioni con trans.

L'ESEMPIO DELLE CELEBS
Il mondo delle it-girl, un mix di musica, cinema e moda, è impregnato di pragmatismo. Perché mettere limiti all’attrazione? O nasconderla?
Rita Ora (ex Bruno Mars, ex Rob Kardashian) e Cara Delevingne (ex Harry Styles degli One Direction), una cantante, l’altra top model, si sono fidanzate e hanno postato tenere foto su Twitter. Rita ha confermato a "The Sun": «Cara è mia». Cara l’ha chiamata “mogliettina” ma poi si è fatta vedere avvinghiata a Michelle Rodriguez. Kristen Stewart dopo Robert Pattinson è andata in giro con Tamra Natisin, gay dichiarata e assistente di Katy Perry, la madrina del “kissing girl”, che canta “Stanotte ho baciato una ragazza e mi è piaciuto”. Avvistate insieme, vestite da maschiacci, hanno fatto strillare al “National Enquirer”: tra loro c’è una storia. Lindsay Lohan ha avuto una vagonata di uomini e una sola fidanzata importante, Samantha Ronson. Da etero, si è dichiarata bisex e poi straight. Ancora più elastica Maria Bello (attrice di “History of Violence” e “The Company Men”) che ha un figlio di 12 anni: rivelando la lunga storia d’amore con la sua migliore amica sul NYT, si è definita una “whatever” (“qualsiasi cosa”).
Il termine “Flexisexual” serve, se non altro, a mettere ordine tra le varianti sentimentali. Tante. Donne che amano altre donne, ma a un certo punto decidono di sposare uomini specialissimi: è il caso di Amber Heard e Johnny Depp, ma anche di Chirlane McCray, attivista lesbica, oggi moglie del sindaco di New York Bill de Blasio. Donne che hanno avuto il loro momento di confusione (Megan Fox: «A 14 anni mi ero innamorata di una  stripper russa di nome Nikita») ed è passato. Donne che si baciano per il gusto della provocazione: Sandra Bullock e Meryl Streep, Madonna e Christina Aguilera. Lo stile flexi è un ombrello piuttosto ampio. La versione di Drew Barrymore: «C’è sempre un innamoramento fisico nella più profonda amicizia femminile». La versione di Cameron Diaz: «Prima o poi capita a tutte di essere attratte sessualmente da un’altra donna». Alla ricerca della definizione giusta c’è chi parla di “lesbo light”, o di “Generazione B” (sta per B-sex o amBigua), ma insomma, se
due ragazze si baciano non è detto che siano gay. Capita. Anna Paquin, eroina di “True Blood”, ha ammesso di essere bisex nel 2010, però ha sposato Stephen Moyer ed è diventata mamma di due gemelli. Cambiato idea? Per niente. Era e resta Bi. «Mi piacciono uomini e donne: il sesso non è determinante nella scelta del partner». Viva la sincerità. Copione identico per la pallida Evan Rachel Wood, ex di Marilyn Manson e moglie di Jamie Bell, che confessa una cotta per Milla Jovovich. “Esquire” le chiede: «Hai relazioni con delle donne?», lei risponde: «Certo, e sono io la più maschile, quella che vuole il controllo. Non credo ci sia niente di anarchico nella bisessualità. Sono in contatto con me stessa e con ciò che mi rende felice. Da che mi ricordo, sono così». Non si tratta di novità assolute. Nella sua autobiografia Marianne Faithfull, cantante, musicista, ex compagna di Mick Jagger negli anni Sessanta, confessa di aver avuto una girlfriend, la bella e aggressiva Anita Pallenberg. Differenza sostanziale: prima era proibito, adesso è cool. Bi Cool.

PROBLEMA BISEX
C’è un problema, però: «
I bisex stanno antipatici quasi a tutti, tanto da far parlare di bifobia», spiega Paolo Valerio: «I gay rivendicano la vita di coppia, chiedono di sposarsi e adottare bambini. I trans affrontano dolorose operazioni per diventare uomini o donne e avere un altro nome sulla carta di identità: invece di intervenire sulla società per farsi accettare, intervengono sul corpo. In un mondo che vuole tutto bianco o nero, i bisex rappresentano le zone grigie, o meglio ancora, arcobaleno. Vanno dove li porta il desiderio, non accettano etichette e questo spaventa. Ma dobbiamo prendere atto del mutamento. Due sole caselle, maschio e femmina, etero e omo, sono limitanti. Il transgenderismo è il futuro della specie umana». La bandiera dell’orgoglio bisessuale esiste già. L’ha disegnata nel 1998 Michael Page. La striscia in alto, magenta, rappresenta l’orientamento omosessuale, la blu, quello etero. La terza più piccola, al centro, di colore viola, indica l’unione tra le due.

A sventolarla sono pochi, almeno per ora, in Italia.
Alfonso Pecoraro Scanio, ex ministro dell’Ambiente si è definito bisex, ma cattolico («perciò se mi sposo sarà con una donna») nel 2000, Daniele Capezzone nel 2006, quando era presidente della commissione Attività produttive della Camera. Alessandro Cecchi Paone ha dichiarato la propria
“omoaffettività” nel 2004, e la bisessualità poco dopo, prima del coming out gay. È stato lui un paio d’anni fa a rivelare l’esistenza di un calciatore bisex nella nazionale azzurra: si è scatenato un pollaio. Luca Calvani, naufrago dell’“Isola dei Famosi”, parla di un suo lato femminile forte. «Meglio quello che evasore fiscale. Mi è capitato di guardare uomini e di interrogarmi, alcuni mi hanno affascinato. Come umani siamo infiniti. Posso avere provato esperienze insolite, esser stato a letto con chi mi pare, ma ogni cosa l’ho fatta per amore». Naike Rivelli ha raccontato senza problemi la sua prima storia con un’attrice: «È durata tre anni, in mezzo alle relazioni con due uomini». Gianna Nannini si è definita polisessuale prima che Lisa Diamond coniasse il termine flexisexual. Rifiuta il termine bisex: le sembra di escludere “un sacco di gente”. Paolo Valerio le darebbe ragione.

CHE COSA PENSANO GLI ADOLESCENTI
Psicologi, psichiatri, esperti di neuroscienze invocano un nuovo
rapporto Kinsey ma, in attesa di approfondimenti, tra i ragazzi delle scuole superiori proclamarsi bisex è quasi automatico e in qualche modo obbligatorio. «Altrimenti sei antica», racconta Ester, diciottenne siciliana, bruna, bellissima, corteggiata «più dalle ragazze che dai ragazzi». Ci pensano la musica e la moda a rendere seducente l’idea. La clip di Rihanna e Shakira, con languide atmosfere bordo piscina, induce in tentazione. La pubblicità di Miu-Miu con Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos, che replica in versione light le atmosfere lesbo del film “La vie d’Adèle”, vincitore della Palma d’Oro 2013 a Cannes, ha fatto un certo scalpore. Dice la psicologa Stefania Andreoli, presidente dell’associazione Onlus “Alice”, specializzata in questioni adolescenziali: «La bisessualità sta diventando la bandiera di un’avanguardia generazionale che si definisce bi-curious e si incontra su Tumblr, piattaforma di microblogging che meriterebbe uno studio a parte. Se non sei Bi, sei fuori. Ho l’impressione che sia in atto una reazione controfobica agli stimoli di natura erotica e sessuale a cui maschi e femmine vengono esposti da quando sono nati. È come se dicessero: ci avete spinti a essere noi stessi? A esprimerci? Lo facciamo anche così. I ragazzi ci sfidano. Sperimentano. E molte famiglie sono preoccupate dalla bisessualità, vista come perversione. Chiedono: mia figlia è malata?». Martina, 16 anni, provvista di fidanzatino regolamentare, è finita in terapia. La madre l’ha scoperta a baciarsi con un’amica in camera sua e l’ha mandata da una “strizza” per chiarirsi le idee, avendo in cambio una reazione di sbalordimento: «Cosa vuoi che sia, mami? Non ti preoccupare, sono normale, avrai i nipotini quando sarà il momento». «Io sono contraria alla terapie “riparative”», precisa Stefania Andreoli: «Di che cosa ci scandalizziamo? I reality insegnano che chiunque può diventare qualsiasi cosa, e i ragazzi applicano il modello alla sessualità. Abbiamo raccontato bugie, insegnato loro che i sentimenti sono precari. Alcuni vengono da situazioni non proprio classiche, come un padre ultracinquantenne giovanilista che ha rottamato la moglie per una coetanea della figlia e va a ballare latino-americano, la madre magari è una Milf (da “Mothers I’d Like to Fuck”, cioè una “madre che si vorrebbe scopare”) leopardata… Non scherziamo. L’Italia è l’unico paese che non ha abbastanza programmi di educazione all’affettività e al sesso».

LE STORIE
Da questo universo variegato, tra colte citazioni di Marcuse, di Foucault e della sua imperfetta, ma acuta “Storia della sessualità”, emerge
la solitudine, lo spaesamento e la disarmonia delle vite comuni. Con una costante: il timore di una bisessualità “del sabato sera”. In Glee, serie di culto, Queen (Dianna Agron) è un’etero-curiosa che si gode la vita. Il popolo Bi vero ha un approccio più problematico. Marta, 26 anni, è rimasta colpita da un articolo in cui si diceva che il 14% dei dipendenti della filiale italiana Ikea si dichiara queer. «Mi pare stia diventando una moda. Dire “sono bisex” non solo raddoppia le tue chance il sabato sera, ma ti dà un’aria audace e disponibile, che piace agli uomini». Anche Valeria parla di “falsi positivi”, e del rischio di essere «sfruttata sessualmente da persone che vogliono soltanto divertirsi. Personalmente non mi definisco. Dai sedici ai ventotto anni ho amato solo ragazzi, ora da tre sto con una donna». Marcella, trentaseienne, ha avuto la prima cotta per una compagna di classe, alle medie, poi si è invaghita di un compagno: «Nell’adolescenza ho sperimentato sensazioni forti per maschi e femmine, una compagna della squadra di pallavolo, un vicino di casa... Ho sofferto perché “dovevo” avere un fidanzato per essere come gli altri, e ho tentato. Nessuno capiva. Le lesbiche mi chiamavano con disprezzo “etero-curiosa” o peggio ancora “velata”, cioè una che non ha il coraggio di riconoscere la sua natura omosessuale. È andata avanti così per parecchio. Oggi amo una donna, stiamo insieme da due anni e credo di aver capito che cosa sono. Sono Bi».

BISESSUALITA' E NARCISISMO
Chi fa un passo avanti nello stabilire una relazione tra bisessualità e narcisismo è Gustavo Pietropolli Charmet, notissimo psichiatra e psicoterapeuta, responsabile del Consultorio Gratuito per Adolescenti dell’Istituto Minotauro di Milano. Nel saggio scritto con Laura Turuani, “Narciso innamorato. La fine dell’amore romantico tra adolescenti” (Bur-Rizzoli) sostiene che i ragazzi di oggi non si ammalano più d’amore: «Sognano, ma in modo sobrio, e sono più centrati su se stessi». Che cosa c’entra questo con l’essere bisex? «Significa che sulla passione prevale il progetto. La ragazza dice: adesso che ho un corpo definitivamente femminile, decido che tipo di donna voglio diventare, che cosa mi eccita e che cosa mi disgusta, e riconosco la legittimità del mio desiderio. Non c’è più, la colpa, la condanna. Questa generazione non ha partecipato alle lotte per la liberazione della donna o al Gay Pride, ma respira tolleranza, consenso. Dieci anni fa una ragazza non poteva andare dalla mamma e dirle “sono bisex” senza causare svenimenti. Le madri di oggi sono più disposte a capire». Non tutte e non sempre, ma
continua Charmet, «viviamo un momento di accelerazione vorticosa, tra celebrità che hanno periodi gay e periodi etero. Il messaggio arriva chiaro e forte: esprimetevi. È possibile che in passato l’educazione favorisse una “dissuasione anticipatoria”, adesso le ragazzine - siamo sorpresi da quante si dichiarano bisex - ascoltano il brusio nella profondità della loro mente e scoprono che il modo di amarsi omosessuale, l’intimità con un corpo uguale al proprio, ha una sua bellezza, tranquillità, pace. La passione etero è intensa, onirica e angosciosa, e molte pensano che ci sia più realizzazione di sé. Quello che decide alla fine non è il sesso, ma l’amore, che non è più il romantico perdere la testa, il rapimento, l’essere posseduti. È la valutazione, forse anche un po’ cinica, narcisistica: a che cosa serve lei/lui in quella fase, in quell’estate, in quell’autunno? Non ci sono più divieti: è pura, semplice ricerca della felicità».

Omofobia, la mappa dell'odio in Europa E l'Italia è il Paese che discrimina di più


Gay e rifugiati in fuga dai regimi omofobi 

Il telegramma ebraico di Deborah E. Lipstadt

[0] Why Jews Are Worried : Deborah E. Lipstadt on the Rising Anti-Semitism in Europe

Deborah E. Lipstadt, una studiosa dell'Olocausto che vinse una storica battaglia giudiziaria contro il negazionista David Irving, descrive in [0] il preoccupante antisemitismo che sta dilagando in Europa.

Lei avverte che il paragone con l'Olocausto è improprio (non c'è la complicità dei pubblici poteri), ma è una situazione comunque preoccupante; il fatto che il 95% degli atti di antisemitismo sia attribuibile a dei mussulmani non significa per lei che sia un fenomeno non-europeo, in quanto i mussulmani fanno [legittimamente] parte dell'Europa di domani.

L'articolo comincia con una barzelletta e finisce con una drammatica osservazione. La barzelletta è questa: Com'è fatto un telegramma ebraico? C'è scritto: "Comincia a preoccuparti. I dettagli seguiranno".

La drammatica osservazione è che in molte città europee, il modo più semplice di indicare la strada per una sinagoga è: "Vai nella via tal dei tali, ed il palazzo con la macchina della polizia davanti è quello giusto".

Il resto è una raccolta di cose tremende.

Raffaele Ladu

Luigia e Raffaele a radio gamma 5 parlano di bisessualità


Lunedì 01 settembre 19.30 – 21,30 ► Tanti lati latitanti   trasmissione settimanale tematiche omosessuali la sera di Lunedì 01 si parlerà di bisessualità con ospiti Luigia Raffaele e Denis

vedi programma su http://www.radiogammacinque.it/blog/

Giovanni Dall'Orto contro le teorie queer

Sono iscritto alla mailing list movimento-queer@googlegroups.com, nella quale ho l'onore di discutere (spesso polemicamente) con Giovanni Dall'Orto.

Questi ha pubblicato ieri questo messaggio, che mi ha autorizzato a riprodurre nel blog:
Cari tutti,

Ho caricato su Academia.edu il mio secondo saggio "Contro la teoria queer, 2 - La filosofia più significativa degli ultimi danni"; https://www.academia.edu/7984235/DallOrto_Giovanni_-_Contro_la_teoria_queer_2_-_La_filosofia_piu_significativa_degli_ultimi_danni
che tiene conto delle obiezioni rivoltemi dopo la pubblicazione del mio primo scritto sullo stesso tema, che trovate qui:
https://www.academia.edu/2248802/DallOrto_Giovanni_-_Contro_la_Queer_theory_._Una_critica_politica._2012_
L'ho elaborato per oltre un anno prima di pubblicarlo, e questo spiega la lunghezza molto maggiore rispetto alla prima parte, che era solo un capitolo espulso dal mio libro di storia in corso di pubblicazione per "Il saggiatore".
Non lo considero un testo definitivo e accetterò correzioni e obiezioni.
Il saggio può essere letto liberamente online, e può essere scaricato se ci si registra ad Academia.edu (la registrazione è gratuita).

Ciao

G. Dall'Orto
Lui stesso sollecita critiche ed obiezioni per migliorare la trattazione, quindi vi incoraggio a  farle.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Condannato l'avvocato Taormina

[1] La prima condanna in Italia per discriminazione fondata sull’orientamento sessuale: un caso esemplare

Consigliamo di leggere l'articolo linkato per capire la portata della sentenza. Quello che ci pare opportuno sottolineare qui è che ai sensi delle direttive europee richiamate dal giudice le dichiarazioni pubbliche radiodiffuse e registrate in podcast del condannato Avvocato Carlo Taormina sono state ritenute prove adeguate della discriminazione portata avanti nel suo studio legale - non solo perché esprimono la politica decisa dal capo di un'azienda, ma anche perché il semplice pronunciare queste parole finisce con il dissuadere eventuali candidati LGBTQAI dal presentare il loro curriculum, ed è di per sé discriminatorio.

Nel caso di Taormina c'è stata una parziale inversione dell'onere della prova - non era l'accusatore a dover dimostrare che almeno una persona era stata effettivamente discriminata, ma era Taormina che, per rimediare al danno, avrebbe dovuto dimostrare che le sue erano parole al vento e che il suo studio in realtà aveva ed ha una politica del personale inclusiva. Ma quello che ha detto, ed il come lo ha detto, glielo ha reso impossibile.

Una madre lesbica cattolica americana tuona e fulmina


Spesso si accusano le persone LGBT che vogliono diventare genitori di farlo per capriccio.

Marianne T. Duddy-Burke mostra in quest’articolo che è falso.

Il tomismo contro i cristiani LGBTQAI

Dopo l'articolo di ieri sui cristiani LGBTQAI celibi, ho trovato quest'articolo di Bob Shine che avverte che le cose non sono per niente semplici.

Bob Shine attira infatti l'attenzione su quest'articolo di Katie Grimes, in cui lei, rispondendo ad un'intervista concessa da Eve Tushner, una lesbica americana di famiglia ebraica secolarizzata convertitasi al cattolicesimo a 20 anni (i miei più sinceri auguri), ad una pubblicazione gesuita, avverte che il tomismo, cioè la filosofia e teologia di San Tommaso d'Aquino, tuttora (e per il futuro prevedibile) fondamentale per la chiesa cattolica, non permette di cavarsela semplicemente dicendo "non ho rapporti lesbici".

Infatti, per Katie Grimes essere lesbica significa non solo ammettere di desiderare sessualmente le donne, ma anche accettare questo come parte della propria identità. Se però per una donna avere rapporti con un'altra donna è peccato, il desiderarli non è conforme alla virtù come descritta da San Tommaso; si può ammettere che una donna non abbia colpa di codesti desideri, ma dal momento che li accetta fa una scelta sbagliata.

Katie Grimes conclude quindi che il dovere tomistico di chi ha questo genere di attrazione non è di accettarla, ma di respingerla con ogni mezzo. Il compromesso proposto da molti cristiani LGBTQAI, cioè accettare la propria omosessualità o bisessualità, ma vivere celibe, non è quindi teologicamente sostenibile, se non si cambia radicalmente la concezione cattolica dell'omosessualità (come appunto vorrebbe la Grimes).

Cristiani LGBTQ celibi

Finisco sempre in situazioni strane: sono iscritto alla Society for Humanistic Judaism, ma mi trovo a svolgere un ruolo di cerniera (molto ebraico e molto bisessuale) tra persone LGBTQAI laiche e religiose - specialmente cattoliche.

Un problema interessante che sottopone il blog New Ways Ministry è quello del celibato delle persone LGBTQAI cristiane, avvertendo in questo post che le chiese protestanti americane stanno cadendo in un colossale equivoco.

Francis DeBernardo, l'autore del post, nota che in America si è sempre più disincantati nei confronti delle terapie riparative, ed alcune chiese protestanti stanno chiedendosi se non sia il caso di proporre alle persone LGBTQAI il celibato come regola di vita, rivalutando la tradizione cattolica.

DeBernardo nota che nella tradizione, più che cattolica, della chiesa primitiva, il celibato non viene visto come un ripiego, ma come una vera e propria vocazione, spesso da vivere in comunità (di chierici o monaci) di persone che si sostengono reciprocamente in questa scelta.

Pensare che il celibato sia semplicemente l'unica possibilità per le persone LGBTQAI vuol dire degradarlo; alle considerazioni di DeBernardo aggiungo che, personalmente, non sono omosessuale o bisessuale, ma sono stato celibe per molti anni, e posso capire benissimo chi si sente "fregato" perché vive il celibato come un'imposizione e non una vocazione. Non va proposto come un "far di necessità virtù".

Risposta a Patrizia Stella

Il 3 Agosto 2014 è stata pubblicata su l'Arena la lettera "Famiglie : Il vescovo fa bene" a firma di Patrizia Stella, a cui rispondiamo in quanto, essendo noi un'associazione di bisessuali, pansessuali e queer, che ha per giunta criticato sia l'iniziativa del vescovo cattolico Zenti di rivolgere un appello agli alpini in congedo, che l'approvazione dell'OdG 426/2014, ci sentiamo chiamati in causa.

Ripetiamo quello che abbiamo già scritto qui: paragonare la famiglia alla patria è controproducente per il vescovo, non per noi, perché Ernest Renan aveva già chiarito nella famosa conferenza Che cos'è una nazione del lontano 1882 che non esistono patrie naturali - quindi, il vescovo ci autorizza a dire che non esiste la famiglia naturale. L'OdG 426/2014 perde perciò ogni significato.

Patrizia Stella ha ogni ragione di deplorare la solitudine come condizione comune dell'uomo contemporaneo, ma non rammenta una cosa nota da due millenni e più: le persone non sono sole per quello che manca loro fuori, ma per quello che manca loro dentro.

Nessun tipo di famiglia può provocare la solitudine, nessun tipo di famiglia può curare la solitudine. Ed infatti gli psicologi sconsigliano di sposarsi solo perché ci si sente soli - perché il rischio grave è di portare la solitudine dentro il matrimonio anziché curarla.

Quello che Patrizia Stella dice delle famiglie non eterosessuali quindi non è solo inesatto, ma anche non pertinente.

Presidio contro l'omo-bi-transfobia di Venerdì 8 agosto dalle 18 alle 21 in piazza Brà


Venerdì 8 Agosto 2014 - ore 18 in Piazza Bra a VERONA

I gruppi GLBTQE di Verona (Circolo Pink Verona, Arcigay Verona, Arcilesbica Verona, Milk Center, Lieviti Verona, Romeo in Love) indicono un presidio venerdi 8 agosto 2014 dalle ore 18.00 alle ore 21.00, in Piazza Bra sotto il monumento equestre.

IL PRESIDIO E' STATO INDETTO PER:

Protestare contro l'ordine del giorno Zelger, approvato dal consiglio comunale di Verona mercoledì 23 luglio 2014.

Richiamare l'attenzione sulla grave aggressione a sfondo omofobico avvenuta il giorno 26 luglio ai danni di un ragazzo nel paese di Bussolengo;

Tutt* siete invitat* a partecipare


Per aderire al presidio scrivere una mail a: veronaglbtqi@gmail.com

clicca "partecipa" su facebook : https://www.facebook.com/convegnocontronatura/photos/gm.536770473118096/671842092912469/?type=1&theater

Il NYT sulla giurisprudenza della Corte Suprema USA


Il Giudice Ruth Bader Ginsburg (1933-in forma smagliante) nel 2013


Vi traduco [1], un articolo del New York Times sulla recente giurisprudenza della Corte Suprema USA in termini di diritti delle donne e delle minoranze sessuali.

Il NYT è il giornale dell'intelligencija ebraica di New York City, abbastanza sicura di sé da potersi permettere posizioni progressiste sia in politica sociale (il NYT preferisce i lavoratori ai capitalisti, gli imprenditori agli speculatori, gli immigranti ai protezionisti - sarebbe piaciuto a Gramsci, che oltretutto aveva una moglie ebrea) che in politica estera (il giornale si permette spesso di criticare pesantemente il governo israeliano, e nemmeno l'amministrazione Obama viene risparmiata), che nel campo dei diritti civili (il giornale è contro il razzismo e da sempre LGBT-friendly - la prima sinagoga gay di New York City fu fondata con le persone reclutate proprio con un annuncio sul NYT per un Seder Pesach gay ospitato il 30 Marzo 1973 nelle cantine della Chiesa Episcopale dei Santi Apostoli).

L'articolo sembra ispirato (anche se non materialmente vergato) da Ruth Bader Ginsburg, giudice ebrea della Corte Suprema USA (ce ne sono altri due in quell'assise: Stephen Breyer ed Elena Kagan), affettuosamente chiamata dai suoi ammiratori "RBG" (non sono solo le iniziali del suo nome: "RPG = Rocket-Propelled Grenade" è il nome di una potente arma anticarro), che ultimamente si è trovata ad interpretare il ruolo di paladina dei diritti delle donne, insieme con le colleghe Elena Kagan e Sonia Sotomayor, ed il non trascurabile aiuto del collega Stephen Breyer.

Passiamo alla traduzione. Molti link sono stati aggiunti per comodità del lettore italiano.

Il vescovo Zenti dà ordini agli Alpini

L'Arena, 29.07.2014, pagina 26
L'articolo a sinistra ha suscitato giustificata indignazione; noi vogliamo rispondere con l'arma dell'ironia: paragonare la famiglia alla patria si ritorce proprio contro il vescovo cattolico Zenti.

Un famoso storico del cristianesimo si chiamava Ernest Renan (1823-1892), ed ora è noto soprattutto per la conferenza del 1882 "Che cos'è una nazione".

In codesta conferenza egli demoliva tutte le basi che venivano per tradizione date ad una nazione: la nazione non è data né dalla razza, né dalla lingua, né dagli interessi, né dall'affinità religiosa, né dalle necessità militari.

Nove ex-ex-gay denunciano pubblicamente le terapie riparative

[1] Former Ex-Gay Leaders Unite in Opposition to Conversion Therapy

Come dice [1], nove ex-capi di movimenti di ex-gay hanno pubblicato giovedì 31 Luglio 2014 una lettera aperta congiunta in cui affermano:
"Come ex-capi di movimenti di ex-gay, essendo stati testimoni degli incredibili danni inflitti a coloro che hanno tentato di cambiare il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere, noi ci uniamo nel chiedere che siano vietate le teorie di conversione. È nostra ferma convinzione che è molto più produttivo sostenere, consigliare e guidare le persone LGBT in modo che accettino quello che sono in modo da vivere vite felici e ben equilibrate. Sosteniamo pienamente lo scopo di #BornPerfect [Web, Twitter] di farla finita con le terapie di conversione".