Vincoli affettivi e reazionari cattolici





Devo tornare sulla conferenza della Gran Guardia in cui Giancarlo Cerrelli, vicepresidente nazionale dell'Unione Giuristi Cattolici, ha avuto modo di sproloquiare ad abundantiam, e su cui sono già intervenuto in [1] e [2].

Avevo già ricordato che egli disse che l'amore non può fondare una famiglia, perché non è rilevante per il diritto, in quanto non è valutabile.

Purtroppo [3], all'articolo 4, recita:
Art. 4. Famiglia anagrafica 
1. Agli effetti anagrafici per famiglia si intende  un  insieme  di persone  legate  da  vincoli  di  matrimonio,  parentela,  affinita', adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi  dimora abituale nello stesso comune.
2. Una famiglia anagrafica  puo'  essere  costituita  da  una  sola persona.
Il corsivo è mio, ed evidenzia che Cerrelli ha detto una colossale sciocchezza, e che i sentimenti per il diritto sono importanti, ed il commento che si trova in [4] spiega come.

Per giunta, il libro citato in [5] afferma, citando [6], che questa definizione risale già al 1954. Vi riporto il brano interessante di [6]:
Al censimento del 1951 la famiglia venne definita come l’insieme di persone abitualmente conviventi, legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela o da vincoli affettivi, nonché per coloro che convivono con esse per ragioni di ospitalità, servizio, lavoro. “La famiglia può essere costituita anche da una sola persona sia che viva da sola, sia che viva in casa d’altri purché a titolo di semplice coabitazione. Più nuclei familiari coabitanti ma non conviventi, cioè con economie separate, costituiscono altrettante famiglie”. E ancora “una persona non cessa di appartenere alla famiglia quando ne sia assente temporanea, purché la ragione dell’assenza faccia presumere il ritorno di tale persona”.
La definizione adottata nel 1951 resterà valida nei tre censimenti successivi ed è divenuta la base per la definizione della “famiglia anagrafica” nel regolamento di esecuzione della legge anagrafica del 1954, dove all’articolo 2 essa è definita come “un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela affinità, adozione, affiliazione, tutela o da vincoli affettivi coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune, che normalmente provvedono al soddisfacimento dei bisogni mediante la messa in comune di tutto o parte del reddito di lavoro o patrimoniale da esse percepito. Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona la quale provvede in tutto o in parte con i propri mezzi di sussistenza al soddisfacimento dei bisogni individuali. Fanno parte della famiglia anche le persone addette che, a qualsiasi titolo, convivono abitualmente con la famiglia stessa”. 
Successivamente, a seguito dell’approvazione del nuovo regolamento anagrafico (D.P.R. 30 maggio 1989 nr. 223) venne eliminato dalla definizione di famiglia il vincolo economico, ossia la messa in comune di tutto o in parte del reddito percepito, fermo restando la condizione di coabitazione e del legame esistente tra gli individui quale matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi. Tale definizione rimarrà valida in tutti i censimenti successivi.
Come vedete, non solo Cerrelli si permette il lusso di dire panzane di fronte a centinaia di persone ed alcune videocamere, ma il movimento LGBT, quando adotta lo slogan "È l'amore che crea una famiglia", non fa che ispirarsi al diritto italiano, nell'assetto che ha dal 1954 in poi.

Cerrelli non vuole impedire l'estensione di alcuni diritti fondamentali alle persone LGBT, vuole togliere diritti anche alle persone eterosessuali. E senza dirlo!

Ed il modo in cui conduce la sua polemica è nocivo anche agli stessi cristiani, non solo ai cattolici. Prendiamo ad esempio Giovanni, 3:16 [traduzione Nuova Riveduta - corsivo mio]:
Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Questo versetto è uno dei fondamenti della fede cristiana - se Cerrelli dichiara che l'amore non è valutabile, allora sta diffidando i suoi ascoltatori dal prenderlo sul serio.

È cristianesimo questo? È un'argomentazione degna del vicepresidente dell'Unione Giuristi Cattolici? Gli anglosassoni direbbero che lui si è tagliato il naso per far dispetto alla faccia - e gli italiani sono più schietti!

Raffaele Yona Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Israele cambia le carte d'identità - venendo incontro agli omogenitori


L'articolo citato comunica che le carte d'identità israeliane ora escono in due versioni: quella classica, con lo spazio per il nome del padre e quello per il nome della madre, e quella omogenitoriale, con lo spazio per i nomi dei due padri, o delle due madri.

La versione classica aveva un serio inconveniente: quando Noa Evron fu chiamata alle armi, e mostrò una carta d'identità classica, che riportava Yehudit come madre ed Aviva come padre, l'impiegato delle forze armate chiese a Noa se Aviva l'aveva generata quando era ancora un maschio.

La versione omogenitoriale non avrebbe dato adito ad equivoci, e non avrebbe costretto Noa a dissiparli. Il Ministero dell'Interno israeliano, d'altro canto, ha dichiarato di essere stato già pronto a questo passo, e di aver solo aspettato di trovare un* richiedente del nuovo tipo di carta d'identità.

In Israele è consentita la "stepchild adoption = adozione del figlio del(la) partner", e sono già centinaia i bambini che per questo risultano avere due genitori del medesimo sesso. Il nuovo tipo di carta d'identità semplifica loro la vita.

In Italia già nel 1957 è stato vietato di far riferimento alla paternità ed alla maternità di una persona nei documenti d'identità - questo per non imbarazzare i figli illegittimi. Non sembra necessario perciò un passo simile nel nostro paese.

Non guasterebbe però poter indicare nei documenti un genere diverso da quello maschile o femminile - le norme ICAO consentono già di specificare nel passaporto "X" al posto di "M" od "F".

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Kolot contro gli estremisti cristiani









Kolot (lett. "voci") è una rivista ebraica online in lingua italiana, politicamente schierata con il governo Netanyahu anche quando (a mio avviso) sbaglia di grosso, e conservatrice in materia religiosa.

È perciò di estremo interesse l'intervista [1] ad uno degli autori della pillola anticoncezionale, l'ebreo Carl Djerassi - ebrei erano anche il capo dell'équipe di ricerca Gregory Goodwin Pincus e la committente del farmaco, Margaret Sanger della Planned Parenthood Federation of America.

Chi si è convinto che l'unica interpretazione possibile del Sefer Bereshit = Libro della Genesi sia quella cristiana in generale, e cattolica in particolare, può rimanere molto stupito dalle parole di Djerassi, e dal fatto che siano state fatte proprie da una rivista online ebraica religiosa.

Non c'è nulla in realtà di stupefacente: come ricorda [2], per gli ebrei (analogamente agli antichi romani - vedi [3]), la santità del matrimonio non sta nella procreazione, ma nel legame tra i coniugi (Genesi 2:18: "Il Signore Iddio disse: Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto analogo a lui"), e di loro con i figli.

Il dovere di procreare c'è (Genesi 1:28), ma non ha il primato sulla vita, la salute, la serenità della donna; anzi, per la letteratura rabbinica, solo l'uomo è tenuto a riprodursi [4] (e l'opinione di maggioranza è che per adempiere a questo dovere basti generare un figlio maschio ed una figlia femmina [5]), mentre la donna può ricorrere a qualsiasi contraccettivo [6] (meglio evitare però i metodi che creano una barriera al seme maschile).

Disperderlo è infatti vietato (Genesi 38:9-10), ma, per una buona ragione, è lecito alla donna rendersi sterile - il Midrash [7] afferma che già ai tempi di Lamec (il discendente di Caino di cui si parla in Genesi 4:16-24) esistevano i contraccettivi orali, e nella Tosefta [8] è scritto:
Un uomo non è autorizzato a bere la tazza di radici per diventare sterile, ma la donna è autorizzata a bere la tazza di radici per diventare sterile.
Se lo scopo principale del matrimonio non è la procreazione ma il legame di coppia, se le donne non sono obbligate a procreare, se agli uomini basta generare un figlio ed una figlia per aver adempiuto al loro dovere, se avere rapporti con una persona incapace di concepire non è considerato dispersione del seme, gran parte delle obiezioni al matrimonio egualitario non riescono a trovare base nella Bibbia, così come interpretata dai suoi primi destinatari, gli ebrei.

E l'intervista pubblicata da Kolot si può così interpretare: "Cari estremisti cristiani, non tirate per la giacchetta la Torah".

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

«Le coppie gay sono inutili per la società» E intanto viene lanciato il Verona Pride

CORRIERE DI VERONA
09.11.2014

«Le coppie gay sono inutili per la società» E intanto viene lanciato il Verona Pride

Mentre Zelger parlava, l’annuncio per l’evento triveneto che si terrà in estate

VERONA E mica l’hanno scelto a caso, il momento della divulgazione. Ci mancherebbe. Giustappunto le 19.54 di venerdì, mentre in Gran Guardia andava in scena la ridda del consigliere Zelger. Con molti di loro, quelli che per il professor Massimo Guglielmini, sodale del consigliere integralista vanno «soccorsi», presenti in sala ad ascoltare le «dissertazioni».
E mentre ascoltavano il balugginare di varie teorie sui gay, hanno fatto partire il comunicato stampa. Quello che mentre Zelger spiegava che in fondo quelle coppie, «mica portano alcun utile alla società» e che bastano delle deleghe per avere i diritti che vanno chiedendo, loro hanno annunciato che a Verona l’anno prossimo si terrà un Pride. Un Pride Triveneto , appunto il «Verona Pride», il cui sottotitolo è di quelli che ai tradizionalisti fanno venire l’orticaria. «Per fare la differenza».
E così si è venuti a sapere che lo scorso 21 ottobre si è costuito formalmente il Comitato, «grazie al quale il prossimo anno verrà organizzato l’evento dedicato alla fierezza lesbica, gay, bisessuale, transessuale e transgender e ai movimenti queer di tutto il Triveneto».
Insomma, una cosa in grande, mica da provincia. Capofila dell’organizzazione è il circolo Lgbt* Milk.
E l’organizzazione procede a passo alquanto spedito, visto che è già stato chiesto il permesso in questura e si sta preparando il percorso. L’evento verrà presentato nei dettagli il 9 dicembre e dovrebbe tenersi ad agosto. Ma l’occasione di ufficializzarlo mentre Zelger e accoliti parlavano in Gran Guardia era di quelle da non perdere.
«In effetti - spiega il presidente del Milk Luigi Turri - la scelta di Verona si spiega sé...». Era il giugno del 2001 quando venne organizzato il primo Pride a Verona, per arrivare alla cancellazione delle mozioni omofobe del 1995. Sono passati tredici anni, da allora. E nonostante la condanna dell’Unione Europea, quelle mozioni sono ancora in vigore. Poi c’è stata la vicenda dell’ultimo ordine del giorno, quello a difesa della «famiglia naturale» con Zelger a fare da capofila con mail finite sui giornali per l’approvazione. Poi le esternazioni di venerdì sera. Tutti motivi per rifare un Pride a Verona l’anno prossimo.

Terapie riparative come torture






Il 14 Novembre 2014 la Commissione ONU contro la tortura [1] ha esaminato il rapporto sugli USA [2]; poiché tutte le associazioni possono inviare alla Commissione ONU le loro osservazioni, nel fascicolo [2] c'era anche il documento [3], proposto dal National Center for Lesbian Rights, il quale proponeva di classificare le terapie riparative inflitte a minorenni come torture vere e proprie, e di chiedere conto al governo americano perché le consente, ad onta dei trattati internazionali che ha firmato.

Avrebbe potuto sembrare un compito impossibile, ma il comunicato stampa [5] mostra che la Commissione ONU ha preso il documento [3] sul serio e tre membri del comitato, Jens Modvig della Danimarca, Sabtyabhoosun Gupt Domah delle Mauritius, e Sapana Pradhan Malla del Nepal hanno ripetutamente interrogato la delegazione americana in proposito.

Il primo passo di una lunga marcia.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Il latinorum contro i Renzo e le Lucie LGBT





[5] Kadosh




Il latinorum è sempre attuale, in quanto permette ad intellettuali di scarso spessore di confondere la gente.

L'ultima volta l'ho sentito usare da Massimo Gandolfini e Giancarlo Cerrelli, che, nell'evento citato in [1], hanno detto che scopo della famiglia è garantire l'"ordo successionum generationum = ordine delle successioni delle generazioni", attraverso la procreazione.

Purtroppo, ho studiato non solo psicologia (laureandomi), ma anche giurisprudenza (senza laurearmi), e non ho trovato l'espressione né nei corsi di Istituzioni e Storia del Diritto Romano, né in quello di Istituzioni di Diritto Privato (italiano) - e nemmeno in quello di Diritto Canonico (cattolico)!

Non sono riuscito a trovarla nemmeno in Google, il che riduce ad un infinitesimo la probabilità che tale espressione sia mai stata usata da un giurista o canonista di vaglia. Non esprime nessuna tradizione di rispettabile età.

Queste cose vengono raccontate in una conferenza pubblica diretta a degli inesperti, e non proposte ad un convegno o ad una rivista di specialisti, che vedrebbero subito il bluff.

Nel diritto romano, del resto, è noto che il fondamento del matrimonio è l'"affectio maritalis" (vedi [2]), ovvero il considerarsi i coniugi marito e moglie: se c'è questo sentimento, non c'è bisogno di una cerimonia; se il sentimento scompare, scompare con esso il matrimonio. Alla faccia di chi (come Cerrelli) dice che i sentimenti non si possono valutare, e perciò sono irrilevanti per il diritto!

L'interesse per la procreazione, prima manifestatosi in provvedimenti episodici, divenne politica pubblica duratura solo con Augusto, che però non comminò la sanzione della nullità alle coppie sposatesi senza voler procreare (come farà il diritto canonico cattolico), bensì imponendo tasse e sanzioni ai celibi ed alle coppie senza figli.

La perdita della libertà politica, insita nel passaggio dalla repubblica al principato, aveva portato anche al trasformare le persone in macchine utensili e le famiglie in opifici di figli. Non per niente ci riproverà Mussolini con la tassa sui celibi nel 1927 (vedi [3]), e Badoglio la abrogherà nel luglio 1943, alla prima riunione del nuovo consiglio dei ministri, riconoscendo in essa uno dei segni più vistosi della tirannia, prima ancora delle leggi razziali (abrogate solo nel gennaio 1944).

In [1], come spesso faccio, ho voluto smentire la pretesa degli omofobi cattolici di interpretare nell'unico modo possibile il testo biblico, mostrando come gli ebrei ci leggano invece ben altro; per esempio, ho affermato che per gli ebrei il dovere della procreazione non sovrasta altre considerazioni, come ad esempio quella espressa da Genesi 2:18: "Il Signore Iddio disse: Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto analogo a lui" (trad. Shadal 1872 - traduzioni cristiane).

Infatti, anche se esiste una norma che imporrebbe alla coppia che dopo 10 anni di matrimonio non ha mai avuto figli, di divorziare, tutti [4] (salvo il regista Amos Gitai, che si è ispirato ad essa per il film Kadosh [5]) convengono che, poiché "non è bene che l'uomo sia solo", se nessuno dei due vuole divorziare, nessuno deve intromettersi, perché è giusto che continuino il loro matrimonio.

C'è anche un bellissimo midrash sull'argomento (Cantico Rabbah, 1) [6, 7] - ve lo traduco dalla versione in [7]:
[A Babilonia] si insegnava: "Se un uomo ha preso moglie ed ha convissuto con lei per dieci anni, ma lei non gli ha generato un figlio, egli è nondimeno obbligato [a 'prolificare e moltiplicarsi' {Genesi 1:28 - trad. Shadal 1872 - trad. cristiane}, e perciò a sposare un'altra donna]". 
Rav Idi disse: "Si narra la storia di una donna di Sidone che aveva vissuto con il proprio marito per dieci anni e non aveva avuto figli. Andarono da rav Shim'eon ben Yochai, e gli chiesero di divorziare. 
Egli disse loro: 'Guardate, come vi siete sposati con un banchetto, potete separarvi solo con un banchetto'. Gli diedero retta, e fecero una festa. Ma una grande festa, e lei lo sbronzò per bene. 
Questo lo fece rinsavire, ed egli le disse: 'Amore, se vedi un oggetto che desideri nella mia casa, prendilo e va' a casa di tuo padre'. 
Che fece lei? Quando egli si fu addormentato, chiamò i suoi servi ordinando loro: 'Portatelo, dentro il suo letto, alla casa di mio padre'. 
A mezzanotte, passata la sbornia, si svegliò, e le disse: 'Amore, dove sono?' 
Lei gli rispose: 'Nella casa di mio padre'. 
Egli le chiese: 'Che ci faccio in casa di tuo padre?' 
Lei gli disse: 'Non hai detto tu stesso ieri sera: <Qualsiasi oggetto tu desideri nella mia casa, prendilo e va' a casa di tuo padre>? Non desidero niente al mondo più di te!' 
Tornarono da rav Shim'eon ben Yochai, lui si alzò in piedi, pregò per loro, ed ebbero dei figli".
Nel midrash il miracolo (i figli avuti dopo aver perso ogni speranza) serve a suggellare un comportamento esemplare: due persone che si amano ed affrontano insieme una terribile prova (la sterilità di coppia) anziché trarne pretesto per divorziare.

L'unione coniugale si dimostra più importante della procreazione. Ed infatti il rabbino americano Shmuley Boteach, modern orthodox, quindi eteronormativo, ma meno omofobo di molti cristiani, dichiara, in [8] ed altrove, di sostenere le unioni civili per gli omosessuali, in quanto anche per loro vige Genesi 2:18: "Non è bene che l'uomo sia solo".

Anche per lui è importante il comandamento di Genesi 1:28 ("prolificate e moltiplicatevi"), ma è solo uno dei 613 comandamenti biblici, non il più importante. Ed avverte che non sono gli omosessuali e la loro rivendicazione dell'eguaglianza del matrimonio (che lui non condivide) a mettere in pericolo la famiglia, e diffida perciò dal farne dei capri espiatori dei mali d'America (e d'Italia).

Gli ebrei ortodossi non amano scoprire affinità tra la loro cultura e quella greco-romana, ma direi che c'è una grande somiglianza tra quest'atteggiamento ebraico, di chiara origine biblica, ed il valore dato dal diritto romano all'"affectio maritalis". Non ha senso parlare di "famiglia naturale", ma il considerare il matrimonio come un'alleanza tra due o più persone per la sopravvivenza è sicuramente cross-culturale.

Leggetevi, per capire meglio, questo brano di Claude Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela (edizione originale 1947), pagine 83-84 dell'edizione italiana Feltrinelli [9]:
[p. 83] (...) Soprattutto ai livelli più primitivi, nei quali la durezza dell'ambiente geografico e lo stato rudimentale delle tecniche rendono aleatori tanto la caccia e il giardinaggio quanto la raccolta, un individuo abbandonato a se stesso non potrebbe vivere. Una delle impressioni più profonde che conserviamo delle nostre prime esperienze sul campo è quella dello spettacolo di un uomo giovane che, in un villaggio indigeno del Brasile centrale, se ne stava accovacciato per ore intere nell'angolo di una capanna, cupo, trasandato, spaventosamente magro e, a quanto pareva, nella più completa abiezione. L'abbiamo osservato per parecchi giorni di seguito: usciva di rado, soltanto per cacciare, solitario; e quando attorno ai fuochi cominciavano i pasti familiari, sarebbe stato quasi sempre digiuno se, di tanto in tanto, una parente non gli avesse posto vicino un po' di cibo che lui mangiava in silenzio. Quando, incuriositi da questa situazione singolare, chiedemmo infine chi fosse questo personaggio a cui attribuivamo una qualche grave malattia, ridendo [p. 84] delle nostre supposizioni ci si rispose: "È un celibe". Tale era, in effetti, l'unica ragione della sua apparente maledizione. Quest'esperienza si è ripetuta spesso: costituisce infatti uno stato caratteristico delle società primitive quello del celibe miserabile, che resta privo di cibo nei giorni in cui, dopo sfortunate spedizioni di caccia e di pesca, il pasto si limita ai frutti della raccolta e talora del giardinaggio delle donne. Ma non è soltanto la vittima diretta che viene a trovarsi in una situazione difficilmente sopportabile: i parenti o gli amici, dai quali in casi consimili dipende per la sua sussistenza, sopportano di malumore la sua muta ansietà, dacché dagli sforzi congiunti del marito e della moglie spesso le famiglie ricavano appena quanto basta per non morire di fame. Non è dunque esagerato dire che in tali società il matrimonio presenta un'importanza vitale per ogni individuo. Ed ogni individuo è doppiamente interessato: non solo a trovare un coniuge per sé, ma anche ad evitare che nel suo gruppo si verifichino le due calamità della società primitiva, il celibato e l'orfanezza.
È vero, Lévi-Strauss era ebreo, e nell'interpretare (Clifford Geertz docet) delle culture che ignorano la Bibbia può aver usato occhiali biblici e rabbinici, ma il suo ragionamento non si basa sull'autorità della Genesi, ed esprime una realtà evidente anche a chi vive in Italia: la famiglia è la migliore assicurazione sul proprio futuro. Chi nega ad alcune persone la possibilità di farsi una famiglia nega loro un futuro.

Queste "perle", come l'"ordo successionum generationum", di coloro che ci vogliono male vanno considerate la dimostrazione della loro malafede.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

Verona Pride: The Force Awakens - Romeo in Love episodio 190





Luigia Sasso (seconda da destra) e Raffaele Ladu (secondo da sinistra) intervistati da Ilaria Malagutti (prima a destra) e Sebastiano Ridolfi (primo a sinistra) per Romeo in Love - un serial di Fuori Aula Network, la webradio dell'Università di Verona.

In questa trasmissione si è anche annunciato ufficialmente il Verona Pride, di cui ha parlato anche il Corriere del Veneto nell'articolo qui riprodotto:



Una sfida a Massimo Gandolfini












Ieri, 7 Novembre 2014, si è tenuto alla Gran Guardia di Verona il dibattito [1], che devo dire era abbastanza squilibrato: gli eteronormativi avevano mandato due pesi massimi (il neurochirurgo Massimo Gandolfini ed il giurista Giancarlo Cerrelli), mentre le persone LGBT-friendly non si sono mostrate all'altezza della sfida.

Giancarlo Cerrelli ha detto cose che avrebbero meritato di finire in un video virale, che si possono riassumere così: la famiglia "tradizionale" merita dei privilegi perché può procreare, e per nessun altro motivo. Il fatto che due persone si vogliano bene non ha alcuna rilevanza per il diritto, perché il loro sentimento non si può misurare.

L'esperienza di qualsiasi persona mostra che i sentimenti si possono invece facilmente valutare, ed è molto semplice notare non solo che ci sono coppie omosessuali feconde e coppie eterosessuali sterili (in entrambe le circostanze, non solo per caso, ma anche per intenzione), ma anche che soltanto per il diritto canonico cattolico (non certo per il diritto civile italiano, né per quello ebraico [Nota 1]) il non desiderare figli è motivo di nullità del matrimonio - Cerrelli vorrebbe che il diritto civile italiano si uniformasse a quello canonico cattolico.

Inoltre, dire che lo scopo della famiglia è generare figli significa, dal punto di vista evolutivo, volere che l'umanità adotti una "strategia riproduttiva r" anziché una "strategia riproduttiva K": la strategia "r" significa "generare tanti figli anche tonti da mandare allo sbaraglio", la strategia "K" significa "generare pochi figli scaltri da formare al meglio".

Per le società che adottano la strategia "r", il genitore biologico sovrasta l'educatore, per le società a strategia "K", l'educatore conta moltissimo, perché il successo sociale (e riproduttivo) di un bambino dipende anche da lui.

E l'educatore, al contrario del genitore biologico, può essere chiunque se ne dimostri all'altezza. Rifiutare un educatore solo perché "queer" sarebbe, più ancora che discriminatorio, sciocco.

Ed adottare una "strategia r" significherebbe per la nostra specie proseguire (a causa dell'aumento del numero e della stupidità delle persone) sulla via dell'esaurimento delle risorse del pianeta. Come dice Deuteronomio 6:16: "Non tenterete il SIGNORE, il vostro Dio, come lo tentaste a Massa" (Nuova Riveduta), ovvero: "Non mettetevi in una situazione in cui solo un miracolo vi potrebbe salvare!"

Il modello di famiglia di Giancarlo Cerrelli è molto simile a quello fascista - e le sue vittime non sono solo le coppie omosessuali.

Gandolfini è riuscito ad irritarmi alquanto, anche se devo riconoscergli di essere una persona intelligente e colta, a causa della sua insistenza sull'"identità sessuata" che caratterizzerebbe ogni persona come maschio o femmina, irrevocabilmente.

Nella conferenza lui ha ripetuto i concetti espressi in [2] sul dimorfismo sessuale cerebrale, di per sé condivisibili, se solo si aggiungesse la precisazione che si trova in [3]: che i risultati di tutti gli esperimenti sullo studio delle differenze tra il cervello maschile e quello femminile riguardano la media degli uomini e delle donne, non i singoli uomini e le singole donne.

La differenza tra i cervelli maschili e femminili non è così evidente (anche se non incontrovertibile [Nota 2]) come quella tra gli organi sessuali maschili e quelli femminili - è molto più simile alla differenza di statura tra uomini e donne: la media degli uomini è più alta della media delle donne, ma ci sono donne altissime ed uomini bassissimi.

Negli anni '50 la psichiatra Evelyn Hooker fece un esperimento che ha rivoluzionato il modo di intendere l'omosessualità (e la bisessualità) in ambito medico-psichiatrico: sottopose sia degli eterosessuali che degli omosessuali ai test psicodiagnostici che usano i professionisti per diagnosticare le malattie psichiatriche, e mostrò i risultati, resi anonimi, ai suoi colleghi.

Nessuno di loro seppe distinguere gli eterosessuali dagli omosessuali - questo significava che non esiste una "sindrome" (complesso di sintomi o tratti) omosessuale riconoscibile, e non ha quindi senso trattare l'omosessualità come una malattia.

Io proporrei di imitare quest'esperimento: raccogliamo decine o centinaia di immagini TEP od RMN sia di maschi che di femmine, senza anomalie neurologiche o psichiatriche, le mescoliamo insieme, e chiediamo a Massimo Gandolfini ed altri suoi colleghi famosi ed eteronormativi di distinguere in mezzo ad esse i maschi dalle femmine. Loro passano la vita guardando queste immagini, dovrebbero capire a colpo d'occhio il genere del soggetto a cui sono state scattate.

Che io sappia l'esperimento non è mai stato tentato, e probabilmente perché gli stessi neurologi riconoscerebbero che sarebbe come voler riconoscere se una persona è un maschio od una femmina dalla statura: è difficile che una persona alta m 1,90 sia una femmina, ma non è impossibile, per cui è meglio non scommetterci.

Se non è possibile distinguere le TEP e le RMN maschili da quelle femminili, allora forse è meglio partire dal presupposto che l'attitudine a ricoprire ruoli sociali e genitoriali "maschili" o "femminili" è presente in ogni persona, in misura variabile, e che non è vero che l'avere un sesso biologico femminile renda inidonei a ricoprire ruoli "maschili", e viceversa.

Ed infatti l'Università israeliana Bar-Ilan ha pubblicato lo scorso maggio lo studio citato in [4], in cui si dà una prova evidente della plasticità neuronale degli esseri umani: i maschi che sono "caregiver primari" di infanti, in quanto li allevano insieme con il loro partner maschio, hanno un'attività cerebrale simile a quella delle donne "caregiver primarie" in quanto madri di infanti.

Questo è un prodotto dell'esperienza e della responsabilità che questi maschietti si sono assunti - ha torto quindi Massimo Gandolfini ad insistere che la natura umana rimane sempre uguale, e che preclude queste cose.

Le persone LGBT-friendly in sala hanno tentato di osservare quanto sia importante l'evoluzione culturale, oltre a quella biologica, nella specie umana (ed in altre specie animali - non si capirebbe altrimenti la differenza tra il lupo ed il cane) ma hanno citato Charles Darwin anziché Luigi Luca Cavalli-Sforza [5], molto più ferrato in materia.

Che ha fatto Gandolfini? Ha preso la palla al balzo per dire che Darwin riconosceva che il salto evolutivo tra i dinosauri ed i mammiferi era una cosa per lui inspiegabile - insinuava forse Gandolfini che questa lacuna dell'evoluzionismo darwiniano rendeva necessario postulare non la semplice esistenza di Dio, ma il teismo, ovvero l'interferenza di Dio nelle vicende di un mondo che pure, a più riprese, viene definito in Genesi 1 "buono" e "molto buono"?

Gramsci sconsigliava di far polemica in questo modo, ovvero di approfittare della debolezza dei propri avversari per schivare un confronto serio - ma a Gandolfini andava bene così.

Nel merito, i 155 anni dalla pubblicazione de "L'origine della specie" non sono passati invano, ed alla perplessità di Darwin avrebbero risposto Niles Eldredge e Stephen Jay Gould [6], con la loro teoria degli "equilibri punteggiati": se per gran parte della storia naturale l'evoluzione è stata assai graduale, non sono mancate (ed in 4.600 milioni di anni, l'età della Terra, un evento "raro" può ripetersi svariate volte) delle rotture che hanno portato all'improvvisa nascita di nuove specie.

Non c'è bisogno di scomodare l'Eterno ogni volta che nasce una specie nuova, quindi.

Gandolfini ha anche parlato dell'adozione, citando non solo la propria formazione religiosa e professionale, ma anche la propria esperienza di padre di sette figli adottivi.

Chapeau, ma anch'io sono padre adottivo a mio modo: ho sposato una donna che aveva già due figlie - che allora avevano 16 e 19 anni. Una grossa responsabilità, che penso di aver svolto in modo accettabile, e che mi permette di parlare di adozione per esperienza.

Le qualità di un genitore, sia biologico che adottivo, non sono legate al genere; i ruoli paterni e materni possono essere svolti da entrambi i genitori, a seconda dei casi, e vanno in ogni caso personalizzati, non interpretati con la rigidità di una coreografia.

Dire che un bambino ha bisogno di un padre ed una madre non vuol dire che ha bisogno di una persona di sesso maschile e di una di sesso femminile per genitori - vuol dire che ha bisogno di genitori che sappiano interpretare questi due ruoli.

Quindi ... escludere una coppia omosessuale dall'adozione, senza valutare le qualità dei suoi componenti, è pura discriminazione.

Mi ha infastidito anche un discorso che Gandolfini ha iniziato dicendo che l'omosessualità non è una malattia (lo ha detto anche Cerrelli), ma affermando che due sono le possibili vie d'uscita dal disagio che può provocare l'omosessualità: la terapia "affermativa" e quella "riparativa", e che bisogna consentire entrambe.

Intanto, è interessante notare che i sostenitori dell'eteronormatività vicini a me hanno cominciato a bofonchiare quando hanno sentito Gandolfini dire che l'omosessualità non è una malattia (evidentemente, in loro l'eteronormatività è già diventata omofobia); inoltre, Gandolfini non ha voluto giungere alle estreme conseguenze del suo ragionamento.

Intanto, la terapia "affermativa" e quella "riparativa" non sono equivalenti: la terapia "affermativa" non cura lo stress causato dall'omosessualità, ma quello causato dall'omofobia, esterna ed internalizzata.

La terapia "riparativa" invece parte dal presupposto che l'omosessualità sia una caratteristica che, pur non patologica, di per sé nuoce al completo benessere fisico, emotivo e sociale. Si configura quindi in analogia alla chirurgia estetica, che rimodella un corpo già sano per renderlo più idoneo a garantire il benessere della persona.

Purtroppo, esiste nella chirurgia estetica un lato oscuro, a cui ho già accennato in [7]: la rinoplastica (ricostruzione chirurgica del naso) ebbe un'enorme popolarità tra gli ebrei tedeschi del tardo 19° Secolo.

Essi avevano ormai ottenuto la parità dei diritti (nel 1871), e volevano assimilarsi, cioè non essere più riconoscibili come ebrei; sebbene fosse già ben chiaro che non esiste un "naso ebraico" (non avrebbero avuto bisogno gli antisemiti di inventare lo "sciamanno", ed i nazisti la "stella gialla", se ci fosse stato un aspetto inequivocabilmente ebraico), essi vollero cambiargli la forma, per non essere stigmatizzati a causa sua.

Un argomento che viene talvolta espresso dagli omofobi è che non si capisce perché si gioisce quando un transessuale transiziona, ma non quando un omosessuale intraprende una terapia riparativa; il confronto del transessuale d'oggi con l'ebreo del 19° Secolo è in questo illuminante.

L'ebreo che si faceva rifare il naso perché convinto così di non palesare più la propria appartenenza a quella che, in un soprassalto di antisemitismo interiorizzato, il genealogicamente ebreo e gay Marcel Proust avrebbe chiamato la "razza maledetta", sfuggiva all'antisemitismo, esterno ed interiorizzato, ammettendo che l'unica possibilità di vivere "normalmente" nella Germania che aveva dato i natali a Martin Lutero era quella di nascondere la propria ebraicità (se non di rinunciarvi - come fece ad esempio Heinrich Heine).

Il transessuale invece transiziona per affermare il diritto alla propria identità, perché il suo sesso corporeo esprima coerentemente la sua identità di genere. Ci vuole molto più coraggio per uscire dal ruolo di genere assegnato alla nascita che per adeguarsi alle aspettative della società, che preferisce i cisgender ai transgender, gli eterosessuali agli omosessuali ed ai bisessuali.

Chi si sottopone ad una terapia riparativa si comporta come l'ebreo assimilato, non come il transessuale orgoglioso. Ed i chirurghi plastici ora ritengono deontologicamente scorretto cambiare le caratteristiche "razziali" di un corpo. Lo stigma sociale non va sconfitto così.

Inoltre, le terapie riparative si sono dimostrate inefficaci e nocive (vedi [8]), e per questo sono vietate dagli ordini professionali di molti paesi del mondo.

Chi le pratica si pone nella posizione del chirurgo plastico che non avvertì la cliente che voleva una mastoplastica additiva (cioè farsi aumentare il seno) che l'intervento le avrebbe potuto procurare cicatrici deturpanti - poiché il lavoro della cliente (non meglio specificato) le imponeva di mostrare il seno nudo, l'intervento le rovinò la vita anziché migliorarla. Il medico fu condannato a risarcirla.

E nel New Jersey, come ho ricordato in [9], un'organizzazione ebraica che offriva terapie riparative, detta Jonah, è sotto processo per frode in commercio: ha promesso quello che era impossibile mantenere. Rischia di pagare il triplo dei danni accertati, tra i quali la zizzania seminata tra figli e genitori, in quanto ai primi era stato dato a bere che la loro omosessualità era stata causata dalle lacune educative dei secondi.

Complimenti al rispetto per il difficile mestiere di genitore dimostrato dai terapeuti riparatori!

Raffaele Yona Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale



[Nota 1]: Un lettore può aver visto il film Kadosh, di Amos Gitai, in cui una coppia di ebrei ultraortodossi viene obbligata al divorzio perché dopo 10 anni non hanno ancora avuto figli.

Il film, va detto, è stato diretto da quello che in Italia verrebbe detto un "mangiapreti", ed ha ignorato una cosa fondamentale riportata in [10]: è vero che esiste una norma ebraica che imporrebbe una cosa del genere, ma in realtà (non nella finzione cinematografica), se nessuno dei due vuol divorziare, nessuno si intromette, perché tutti gli ebrei sanno che è più importante l'integrità della coppia della riproduzione della specie. Come dice Genesi 2:18: "Non è bene che l’uomo sia solo".

Quella norma rimane perciò lettera morta, ed ora avete capito perché molti attivisti LGBT (da Magnus Hirschfeld a Mario Mieli, da Adrienne Rich a Judith Butler) erano ebrei.

[Nota 2]: Esistono le persone intersessuali, i cui genitali sono ambigui, od il cui aspetto esterno non corrisponde alla realtà cromosomica. Ne avevo parlato in [11].