Il latinorum contro i Renzo e le Lucie LGBT





[5] Kadosh




Il latinorum è sempre attuale, in quanto permette ad intellettuali di scarso spessore di confondere la gente.

L'ultima volta l'ho sentito usare da Massimo Gandolfini e Giancarlo Cerrelli, che, nell'evento citato in [1], hanno detto che scopo della famiglia è garantire l'"ordo successionum generationum = ordine delle successioni delle generazioni", attraverso la procreazione.

Purtroppo, ho studiato non solo psicologia (laureandomi), ma anche giurisprudenza (senza laurearmi), e non ho trovato l'espressione né nei corsi di Istituzioni e Storia del Diritto Romano, né in quello di Istituzioni di Diritto Privato (italiano) - e nemmeno in quello di Diritto Canonico (cattolico)!

Non sono riuscito a trovarla nemmeno in Google, il che riduce ad un infinitesimo la probabilità che tale espressione sia mai stata usata da un giurista o canonista di vaglia. Non esprime nessuna tradizione di rispettabile età.

Queste cose vengono raccontate in una conferenza pubblica diretta a degli inesperti, e non proposte ad un convegno o ad una rivista di specialisti, che vedrebbero subito il bluff.

Nel diritto romano, del resto, è noto che il fondamento del matrimonio è l'"affectio maritalis" (vedi [2]), ovvero il considerarsi i coniugi marito e moglie: se c'è questo sentimento, non c'è bisogno di una cerimonia; se il sentimento scompare, scompare con esso il matrimonio. Alla faccia di chi (come Cerrelli) dice che i sentimenti non si possono valutare, e perciò sono irrilevanti per il diritto!

L'interesse per la procreazione, prima manifestatosi in provvedimenti episodici, divenne politica pubblica duratura solo con Augusto, che però non comminò la sanzione della nullità alle coppie sposatesi senza voler procreare (come farà il diritto canonico cattolico), bensì imponendo tasse e sanzioni ai celibi ed alle coppie senza figli.

La perdita della libertà politica, insita nel passaggio dalla repubblica al principato, aveva portato anche al trasformare le persone in macchine utensili e le famiglie in opifici di figli. Non per niente ci riproverà Mussolini con la tassa sui celibi nel 1927 (vedi [3]), e Badoglio la abrogherà nel luglio 1943, alla prima riunione del nuovo consiglio dei ministri, riconoscendo in essa uno dei segni più vistosi della tirannia, prima ancora delle leggi razziali (abrogate solo nel gennaio 1944).

In [1], come spesso faccio, ho voluto smentire la pretesa degli omofobi cattolici di interpretare nell'unico modo possibile il testo biblico, mostrando come gli ebrei ci leggano invece ben altro; per esempio, ho affermato che per gli ebrei il dovere della procreazione non sovrasta altre considerazioni, come ad esempio quella espressa da Genesi 2:18: "Il Signore Iddio disse: Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto analogo a lui" (trad. Shadal 1872 - traduzioni cristiane).

Infatti, anche se esiste una norma che imporrebbe alla coppia che dopo 10 anni di matrimonio non ha mai avuto figli, di divorziare, tutti [4] (salvo il regista Amos Gitai, che si è ispirato ad essa per il film Kadosh [5]) convengono che, poiché "non è bene che l'uomo sia solo", se nessuno dei due vuole divorziare, nessuno deve intromettersi, perché è giusto che continuino il loro matrimonio.

C'è anche un bellissimo midrash sull'argomento (Cantico Rabbah, 1) [6, 7] - ve lo traduco dalla versione in [7]:
[A Babilonia] si insegnava: "Se un uomo ha preso moglie ed ha convissuto con lei per dieci anni, ma lei non gli ha generato un figlio, egli è nondimeno obbligato [a 'prolificare e moltiplicarsi' {Genesi 1:28 - trad. Shadal 1872 - trad. cristiane}, e perciò a sposare un'altra donna]". 
Rav Idi disse: "Si narra la storia di una donna di Sidone che aveva vissuto con il proprio marito per dieci anni e non aveva avuto figli. Andarono da rav Shim'eon ben Yochai, e gli chiesero di divorziare. 
Egli disse loro: 'Guardate, come vi siete sposati con un banchetto, potete separarvi solo con un banchetto'. Gli diedero retta, e fecero una festa. Ma una grande festa, e lei lo sbronzò per bene. 
Questo lo fece rinsavire, ed egli le disse: 'Amore, se vedi un oggetto che desideri nella mia casa, prendilo e va' a casa di tuo padre'. 
Che fece lei? Quando egli si fu addormentato, chiamò i suoi servi ordinando loro: 'Portatelo, dentro il suo letto, alla casa di mio padre'. 
A mezzanotte, passata la sbornia, si svegliò, e le disse: 'Amore, dove sono?' 
Lei gli rispose: 'Nella casa di mio padre'. 
Egli le chiese: 'Che ci faccio in casa di tuo padre?' 
Lei gli disse: 'Non hai detto tu stesso ieri sera: <Qualsiasi oggetto tu desideri nella mia casa, prendilo e va' a casa di tuo padre>? Non desidero niente al mondo più di te!' 
Tornarono da rav Shim'eon ben Yochai, lui si alzò in piedi, pregò per loro, ed ebbero dei figli".
Nel midrash il miracolo (i figli avuti dopo aver perso ogni speranza) serve a suggellare un comportamento esemplare: due persone che si amano ed affrontano insieme una terribile prova (la sterilità di coppia) anziché trarne pretesto per divorziare.

L'unione coniugale si dimostra più importante della procreazione. Ed infatti il rabbino americano Shmuley Boteach, modern orthodox, quindi eteronormativo, ma meno omofobo di molti cristiani, dichiara, in [8] ed altrove, di sostenere le unioni civili per gli omosessuali, in quanto anche per loro vige Genesi 2:18: "Non è bene che l'uomo sia solo".

Anche per lui è importante il comandamento di Genesi 1:28 ("prolificate e moltiplicatevi"), ma è solo uno dei 613 comandamenti biblici, non il più importante. Ed avverte che non sono gli omosessuali e la loro rivendicazione dell'eguaglianza del matrimonio (che lui non condivide) a mettere in pericolo la famiglia, e diffida perciò dal farne dei capri espiatori dei mali d'America (e d'Italia).

Gli ebrei ortodossi non amano scoprire affinità tra la loro cultura e quella greco-romana, ma direi che c'è una grande somiglianza tra quest'atteggiamento ebraico, di chiara origine biblica, ed il valore dato dal diritto romano all'"affectio maritalis". Non ha senso parlare di "famiglia naturale", ma il considerare il matrimonio come un'alleanza tra due o più persone per la sopravvivenza è sicuramente cross-culturale.

Leggetevi, per capire meglio, questo brano di Claude Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela (edizione originale 1947), pagine 83-84 dell'edizione italiana Feltrinelli [9]:
[p. 83] (...) Soprattutto ai livelli più primitivi, nei quali la durezza dell'ambiente geografico e lo stato rudimentale delle tecniche rendono aleatori tanto la caccia e il giardinaggio quanto la raccolta, un individuo abbandonato a se stesso non potrebbe vivere. Una delle impressioni più profonde che conserviamo delle nostre prime esperienze sul campo è quella dello spettacolo di un uomo giovane che, in un villaggio indigeno del Brasile centrale, se ne stava accovacciato per ore intere nell'angolo di una capanna, cupo, trasandato, spaventosamente magro e, a quanto pareva, nella più completa abiezione. L'abbiamo osservato per parecchi giorni di seguito: usciva di rado, soltanto per cacciare, solitario; e quando attorno ai fuochi cominciavano i pasti familiari, sarebbe stato quasi sempre digiuno se, di tanto in tanto, una parente non gli avesse posto vicino un po' di cibo che lui mangiava in silenzio. Quando, incuriositi da questa situazione singolare, chiedemmo infine chi fosse questo personaggio a cui attribuivamo una qualche grave malattia, ridendo [p. 84] delle nostre supposizioni ci si rispose: "È un celibe". Tale era, in effetti, l'unica ragione della sua apparente maledizione. Quest'esperienza si è ripetuta spesso: costituisce infatti uno stato caratteristico delle società primitive quello del celibe miserabile, che resta privo di cibo nei giorni in cui, dopo sfortunate spedizioni di caccia e di pesca, il pasto si limita ai frutti della raccolta e talora del giardinaggio delle donne. Ma non è soltanto la vittima diretta che viene a trovarsi in una situazione difficilmente sopportabile: i parenti o gli amici, dai quali in casi consimili dipende per la sua sussistenza, sopportano di malumore la sua muta ansietà, dacché dagli sforzi congiunti del marito e della moglie spesso le famiglie ricavano appena quanto basta per non morire di fame. Non è dunque esagerato dire che in tali società il matrimonio presenta un'importanza vitale per ogni individuo. Ed ogni individuo è doppiamente interessato: non solo a trovare un coniuge per sé, ma anche ad evitare che nel suo gruppo si verifichino le due calamità della società primitiva, il celibato e l'orfanezza.
È vero, Lévi-Strauss era ebreo, e nell'interpretare (Clifford Geertz docet) delle culture che ignorano la Bibbia può aver usato occhiali biblici e rabbinici, ma il suo ragionamento non si basa sull'autorità della Genesi, ed esprime una realtà evidente anche a chi vive in Italia: la famiglia è la migliore assicurazione sul proprio futuro. Chi nega ad alcune persone la possibilità di farsi una famiglia nega loro un futuro.

Queste "perle", come l'"ordo successionum generationum", di coloro che ci vogliono male vanno considerate la dimostrazione della loro malafede.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale