E’ un piacere partecipare attivamente a questo Verona Pride

Siamo  milioni di persone che vogliono una città senza discriminazioni, senza odio, senza violenza.
Vogliamo una città in cui chiunque, di qualunque genere e orientamento sessuale, potrà scegliere amare e vivere con pari dignità e tutela.
Vogliamo una città dove  il matrimonio tra persone dello stesso sesso è valido
Perché tu sei una persona che vale e non credere a chi ti dice l’inverso!
Questo Pride a Verona è un Pride che segnerà la storia non solo per la nostra città ma anche per la comunità bisessuale.
Questo Pride è l’occasione per dare una risposta ferma al pregiudizio e all’emarginazione delle persone bisessuali “sia dagli etero sia dalla stessa comunità LGBT”.
Questo Pride finalmente aumenta  la visibilità, non solo di gay e lesbiche, come è sempre successo in passato, ma anche dei bisessuali.
 Essere visibili , equivale ad affermare che esistiamo e che meritiamo supporto e accettazione.
 “Già dai primi Pride , la comunità gay e lesbica è cresciuta in forza e visibilità.
Anche la comunità bisessuale è cresciuta in forza ma all’estero, qui in Italia  è ancora invisibile.
Qui in Italia l’associazione Lieviti è l’unica associazione legalmente costituita per aumentare la visibilità bisessuale.
Questo Pride che qualcuno ha cercato di ostacolare in tutti i modi ha invece trovato il coraggio di unirsi ad altre forze sul territorio come ad esempio noi bisessuali ma anche con altre forze per lottare insieme.
Il mondo GLBT è un mondo straordinario che ha subito episodi di omofobia che si sono verificati soprattutto in questo ultimo periodo ma non si è mai arreso. Ha sempre combattuto, con orgoglio manifestando in ogni occasione prova di grande civiltà. Ma soprattutto ha saputo  unirsi, lottare insieme, con l’orgoglio necessario per difendere le proprie ragioni ed i diritti essenziali.

Quindi io chiedo a tutti i bisessuali di uscire dall’armadio perché anche NOI  siamo importanti all’interno di questa sigla GLBT e dobbiamo anche noi essere orgogliosi di quello che siamo.

Siamo l’anello di congiunzione tra etero ed omosessuali, basta pensare alla nostra bandiera. Ai colori della nostra bandiera per capire l’importanza che ha il bisessuale sia per chi si definisce etero che per chi si definisce omosessuale.
Una bandiera a tre bande. Una, in alto, di colore magenta per rappresentare l’orientamento omosessuale. La seconda, blu per quello etero. E la terza, più piccola al centro, di colore viola ad indicare l’unione tra le due. Noi siamo l’unione tra due realtà che troppo spesso si sono contrapposte.
 “Essere bisessuale raddoppia immediatamente le tue possibilità al sabato sera” recita una celebre frase di Woody Allen ma a quanto pare raddoppia anche le possibilità di essere discriminati perchè in molti anche all’interno del mondo LGBT vedono nella bisessualità semplicemente un modo  per non dichiarare apertamente la propria omosessualità. La bisessualità esiste e noi oggi siamo qui per testimoniarlo. 

Genitori eteronormativi e genitori arcobaleno


Penso di essere intervenuto bene alla conferenza [1] – perlomeno mi è stato risparmiato quello che ha dovuto sentire la teologa Cristina Simonelli.

L’intervento coglieva l’assist offertomi dal giurista Gianluca Sgaravato; lui ha espresso posizioni che considero eteronormative (per lui il matrimonio può essere solo quello tra uomo e donna, e non vuole che una persona transizioni legalmente prima della rettificazione chirurgica del sesso), però riconosceva che:
  • le coppie omosessuali non sono peggiori di quelle eterosessuali nell’allevare i figli;
  • esiste una pluralità di modelli di famiglia;
  • anche le famiglie di fatto e quelle omosessuali meritano la tutela, se non dell’Articolo 29 della Costituzione, dell’Articolo 2;
  • ricorrere al diritto naturale per difendere un modello di famiglia non serve a nulla perché non c’è praticamente consenso al mondo su quale sia il miglior modello di famiglia;
  • il difetto della proposta di legge Scalfarotto, nella versione attuale, è solo la mancanza di una chiara definizione di che cosa siano “omofobia” e “transfobia”;
  • anche i cattolici, all'interno della Chiesa, hanno diritto al pluralismo delle idee e della loro espressione;
  • solo raramente il magistero della Chiesa si fregia dell’infallibilità.
Sul discorso dei rapporti scuola-famiglia, lui ha citato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per la precisione l’Articolo 2 del Protocollo Addizionale del 20/03/1952, che recita:
Diritto all’istruzione

Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
Come ho risposto? Non è facile mettersi contro la CEDU, ed inoltre, è evidente che non è sostenibile un insegnamento fatto a dispetto dei genitori. Se io fossi un genitore convinto che a mio figlio si insegnano cretinate, gli farei frequentare la scuola solo le ore indispensabili per la promozione.

Ho chiesto perciò se, tra i genitori con il diritto di provvedere all’educazione dei figli e le cui convinzioni vanno rispettate ci sono anche persone come me – che ho sposato una donna che aveva già due figlie, la quale nei dieci anni intercorsi tra la separazione dal suo primo marito ed il matrimonio con me aveva vissuto con un’altra donna.

Il giurista Sgaravato ha risposto che non si può distinguere tra genitori e genitori, e quindi anch’io avrei avuto voce in capitolo. Nessuno ha osato contraddirlo su questo.

L’ho ritenuta una piccola vittoria, e credo che sia il caso di (ri)partire da qui.

Capisco che per molti omosessuali, bisessuali, trans* il genitore sia stato il primo ostacolo all’affermazione della propria identità sessuale, ed è altresì vero che dell’Articolo 2 citato e di disposizioni analoghe si fa spesso un uso strumentale per bloccare ogni iniziativa contro omofobia, bifobia, transfobia, ma non è per niente produttivo contrapporsi ai genitori, o, peggio ancora, mettere i genitori in contrapposizione alla scuola.

Bisogna fare la cosa difficile: saper ragionare da genitori per parlare loro in modo convincente (chi lo è già è ovviamente avvantaggiato); non è garantito il successo, ma è l’unico modo per costruire qualcosa di duraturo.

Si torna alla lezione di Harvey Milk: l’atto più politico che si può fare è il “coming-out”, per dimostrare che le minoranze sessuali non sono dei mostri.

Raffaele Yona Ladu

Considerazioni sul desiderio

[1] VERONA: incontro sul tema “C’è un problema di genere?”

Scrivo dopo aver assistito alla conferenza [1], in cui dei cattolici oltranzisti hanno attaccato una docente del Seminario vescovile di Verona, rea di usare il concetto di “genere” come un utile strumento di lavoro anche teologico, e non come la “scibbolet” [Giudici 12:5-6 - Nota 1] che distingue l’amico dal nemico – e mentre sto leggendo il libro “Elementi di critica omosessuale / Mario Mieli”, che per alcuni versi ricorda “Bi. Notes for a Bisexual Revolution / Shiri Eisner”.

Tutte queste persone partono da un presupposto che non condivido: che il desiderio sia tanto indiscriminato da essere facilmente plasmato dalla società e dall’esperienza, e che soltanto la repressione sessuale lo incanali.

Non è così: ogni persona, ripensando alla propria vita sessuale e sentimentale, si rende conto che non tutte le persone l’attraggono (uso il presente perché la sessualità non va mai in pensione), ma solo alcune; gli psicologi, indagando, hanno notato che i maschietti sono più attratti dalle caratteristiche fisiche, le femmine da quelle psicologiche e sociali.

Tutto questo ha una funzione evolutiva: la donna bella di solito è una donna sana che può generare figli sani; l’uomo socialmente affermato e psicologicamente stabile fornisce ai figli un ambiente favorevole alla loro crescita ed educazione.

E queste preferenze valgono anche per le persone non eterosessuali: gli uomini gay e bi badano soprattutto all’aspetto, le donne lesbiche e bi soprattutto alla personalità.

E sono preferenze difficilmente mutabili: se volete rendere infelice un uomo, combinategli un matrimonio con una persona della corporatura che non gli piace! Ed una donna che sposa una persona che la delude ne fa letteralmente una malattia.

Quindi … chi pensa che parlare di orientamento sessuale ed identità di genere con i bambini possa farli “sbandare” sbaglia di grosso.

Esistono dei bambini che manifestano “non conformità di genere”, ma non perché qualcuno ha parlato loro di queste cose (quanto ci sia di innato e quanto di acquisito in ciò è presto per dirlo); e rifiutarsi di parlare serenamente della loro condizione significa invece lasciare che i loro insegnanti ed i loro compagni li vittimizzino, sacrificandoli ad una norma diventata Moloc (cfr. Geremia 32:35 - Nota 2).

Una cosa che è stata notata è che molti omosessuali sono stati vittima di aggressioni pedofile; lo psichiatra Manlio Converti (vedi qui) ritiene che questo avvenga perché l’orientamento sessuale si manifesta ben prima della pubertà, e l’occhio attento di un pedofilo nota i bambini non eterosessuali, perché per lui (il pedofilo, non certo il bimbo) è più appagante stuprare un bambino omosessuale o bisessuale di una bambina eterosessuale.

La pedofilia non causa l’orientamento omosessuale o bisessuale – semmai, quest’orientamento espone i bambini a rischio di violenze. L’educazione sessuale deve prenderne atto ed insegnare ai bambini a stare attenti ai pedofili ed a rispettare i loro compagni – non si può fare se non si parla esplicitamente dell’orientamento sessuale.

Un’argomentazione che mi ha molto colpito è stata di un preside che si lamentava che si parlava troppo di omosessualità e poco della bellezza dell’unione eterosessuale e delle famiglie numerose.

Allora, basta entrare in un negozio di libri e dischi per rendersi conto che la stragrande maggioranza delle opere negli scaffali esalta l’amore eterosessuale – quelle che parlano di omosessualità e bisessualità sono pochine.

Il problema non è quindi la proporzione numerica, quanto il fatto che il preside evidentemente riteneva intollerabile la mera (limitata) presenza e visibilità di opere dedicate agli orientamenti non eterosessuali.

Per quanto riguarda le famiglie numerose, le dimensioni di una famiglia le scelgono le donne – deve chiedersi perché le donne di oggi non vogliono famiglie numerose, e se lui può cambiare la situazione.

Certo, dire che è colpa del (limitato) rilievo mediatico dell’omosessualità se le famiglie oggi sono poco numerose è come voler cambiare i tergicristalli quando non si accende il motore. Forse è meglio agire in altro modo.

Il nostro preside ha detto che i corpi maschile e femminile sono fatti per incontrarsi reciprocamente, e che questo solo permette di squalificare l’omosessualità come contro natura.

Per una donna è però più facile ed appagante godere con la stimolazione manuale ed orale del clitoride che con la penetrazione. Ed anche i maschietti godono di più e più facilmente masturbandosi che penetrando.

Se la natura avesse voluto ricompensare di più chi compie atti aperti alla procreazione, avrebbe sbagliato clamorosamente i conti. Procreare non viene ricompensato dall'orgasmo, ma in altro modo, che anche i genitori non biologici e le coppie omosessuali apprezzano.

Chiudendo la parentesi, ho dovuto accomunare a questi oltranzisti Mario Mieli e Shiri Eisner.

Mario Mieli usa il termine “transessualità” per designare quello che noi ora chiamiamo “pansessualità”, ovvero la condizione di chi sceglie la persona da amare indipendentemente dal suo genere; inoltre Mario Mieli ritiene che sia solo la repressione sociale connessa all’eteronormatività ad incanalare il desiderio in senso eterosessuale od omosessuale.

Quello di Mieli è un bell’ideale, ma non è alla portata di tutti. E mi pare anche abbastanza ridicolo quello che lui dice, che cioè è la vergogna connessa alla condizione omosessuale ad impedire agli omosessuali di desiderare anche le donne.

In realtà, al mondo ci sono molte “frociarole”, ovvero donne psicologicamente attratte dagli uomini gay, da loro più stimati degli uomini etero. Per codeste donne essere omosessuale non è vergogna ma merito per un uomo, e non mancano le donne che si innamorano di uomini omosessuali proprio perché omosessuali.

Quindi, un omosessuale che volesse realizzare l’ideale di Mieli di occasioni ne avrebbe tantissime; ma gli omosessuali che conosco ed ammettono di aver avuto rapporti con donne precisano subito che li hanno avuti quando erano giovani ed inesperti, quindi non significano nulla per loro.

I pochi che vogliono realizzare l’ideale di Mieli, sarebbe forse più corretto definirli bisessuali. E forse Mario Mieli è stato vittima di “bifobia interiorizzata”: le sue teorie sono chiaramente bisessuali, ma lui non ha voluto usare questa parola perché per lui troppo “binaria”, diremmo oggi; e, pur conoscendo il termine “pansessualità”, ha preferito usare il termine “transessualità” cambiandogli il significato per indicare una sessualità senza distinzione d’oggetto erotico.

Mario Mieli è considerato il “nume tutelare” del movimento omosessuale italiano, ma potrebbe benissimo ispirare (con un po’ di distinguo: non condivido certo la sua esaltazione della pedofilia) anche un’associazione di bisessuali come la nostra.

Shiri Eisner dice che una persona deve cercare di allargare i confini della propria attrazione sessuale, rendendosi conto di quanto sia socialmente condizionata.

Sono soprattutto le donne a cercare partner socialmente affermati, e questo spiega l’osservazione di Eisner, mutuata dal "Femminismo della Terza Ondata"; ma la figura della donna perdutamente innamorata del(la) ribelle che vive fuori dalle regole sociali, perché ammaliata dall’aspirazione di lui/lei ad un mondo migliore, non è solo un mito. Le donne sono meno condizionate di quello che lei lascia intendere dall’approvazione sociale di cui gode il loro possibile partner.

Non c’è bisogno di dire loro di provare a desiderare persone socialmente emarginate – se una donna cambia sistema di valori, cercherà partner che condividono il nuovo sistema. Ma non ha senso dire ad una persona che i suoi criteri di scelta sono troppo restrittivi e deve allargarli.

Inoltre, spesso capita che proprio la ripulsa che si prova per una certa persona ci salvi da un rapporto rovinoso. Bisogna quindi fidarsi dei propri criteri, anziché agire a loro dispetto.

Si potrebbero confrontare tutte queste persone anche con i “terapeuti riparatori”, ma ci sono una somiglianza ed una differenza.

La differenza fondamentale è che i “terapeuti riparatori” sono convinti che il desiderio sia naturalmente eterosessuale, e solo perché deviato da una cattiva educazione o maligne influenze sociali possa diventare omosessuale (la bisessualità per loro non è un orientamento sessuale adulto). Invece Mario Mieli e Shiri Eisner sono convinti che il desiderio non abbia regole.

La somiglianza è la fede di tutti costoro nella plasticità del desiderio – assolutamente smentita dall’esperienza comune e dagli studi scientifici sull’argomento. Non si può cambiare orientamento sessuale, non si può cambiare tipo di persone da cui si è attratti.

Le pressioni sociali (chiamiamole così) che gli oltranzisti cattolici vogliono usare (o da cui non vogliono difendere) servono solo a rendere le persone infelici – non è bello che si possa dire che ci sono dei cattolici che si propongono l’infelicità altrui.

Raffaele Yona Ladu



Nota 1: Va ricordato che chi ebbe l'idea della "scibbolet", Jefte, si era già distinto per aver fatto voto di sacrificare a Dio la figlia, ed aver mantenuto la parola [Giudici 11:29-40] sebbene la legge religiosa ebraica vieti i sacrifici umani, e renda perciò nullo un simile voto - infatti, nel Talmud (jPesachim 9:6) il voto di Jefte è espressamente dichiarato nullo.

Qui ci sono utili osservazioni in materia, tra cui la parafrasi di un Midrash (Genesi Rabbah 60:3), in cui si spiega che Jefte avrebbe potuto scamparla bella se soltanto avesse consultato il sommo sacerdote Fineas, in quanto questi avrebbe potuto annullare comunque il voto, se fosse stato valido.

Ma tutti e due erano troppo orgogliosi per fare il primo passo verso l'altro: Fineas riteneva indegno di un sommo sacerdote visitare un ignorante come Jefte, Jefte riteneva indegno del comandante in capo d'Israele chiedere aiuto al sommo sacerdote Fineas.

Nessuno fece quello che poteva fare per salvare una vita, e Dio punì Fineas privandolo della divina ispirazione, Jefte facendogli fare una brutta fine.

Qui ci si scanna per dei termini, ed i bimbi ci vanno di mezzo.

Nota 2: Giusto per discolpare i cananei, gli archeologi hanno studiato i "tophet" dei siti cartaginesi in Sardegna e Nordafrica, scoprendo che le urne cinerarie contengono feti abortiti o bimbi deformi, o comunque morti in tenerissima età.

Probabilmente nel rito del Moloch si incenerivano bimbi già morti per impetrarne altri agli dei (vedi qui) - Diodoro Siculo, Plutarco e gli autori biblici ci hanno un po' ricamato sopra coprendo i cananei (tra cui i fenici) di fango.

Le forze armate israeliane riconoscono l'omogenitorialità


Israele è attualmente (la Norvegia lo seguirà presto) l’unico paese in cui vige il servizio di leva sia per gli uomini (36 mesi) che per le donne (18 mesi); dopo il congedo, si può essere chiamati a servire nella riserva per un mese all’anno.

Può capitare che i due genitori di una famiglia siano chiamati a servire contemporaneamente nella riserva, ed allora uno dei due può chiedere il rinvio per non lasciare i figli del tutto soli.

Finora soltanto i genitori sposati potevano avere il rinvio, ed in Israele non c’è il matrimonio egualitario (ci si limita a trascrivere i matrimoni celebrati all’estero).

Ora però si concede il diritto al rinvio a tutte le famiglie di fatto registrate presso il Bituach Leumi = Sicurezza Sociale Nazionale, comprese le famiglie omogenitoriali.

La soluzione non è perfetta (l’avvocato Michal Eden avverte che, a causa delle disparità di genere nel Bituach Leumi, molte famiglie di fatto non si registrano), ma è un significativo miglioramento.

Ah, anche i genitori single di figli di età minore di 18 anni possono avere un rinvio del servizio nella riserva – la disparità di genere fa comunque capolino, perché le madri single vedono la richiesta accolta automaticamente, i padri single valutata caso per caso.

Auguri ai genitori israeliani. Certo, i riservisti in coppia omosessuale non potranno comportarsi come quello di questa barzelletta:
"Comandante, comandante, ho bisogno di una licenza, subito!"
"Soldato, stai scherzando? Il turno di riserva dura un mese soltanto, non puoi chiedere licenze. Ed a che pro?"
"Mia moglie sta per avere un figlio!"
"E quando avverrà il parto?"
"Fra nove mesi!"
Raffaele Yona Ladu

2015-05-12 - Torino - Incontro sulla bisessualità

Il 12 Maggio 2015 abbiamo parlato di bisessualità a Torino in un incontro del Festival LGBTQI. 

L'incontro è stato registrato e convertito in video - qui lo potete ascoltare:


Raffaele Yona Ladu

Queer sardinia

17 maggio 2015 – ore 12:30
c/o Radio Popolare di Verona – via Croce Bianca, 22 – Verona

Pranzo sardo
in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia


Verona Pride presenta Queer Sardinia: un pranzo con menù sardo nella sede di Radio Popolare Verona, in via Croce Bianca 22, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia.

Durante il pranzo ci sarà un breve intervento dedicato al pensiero di Gramsci.
Che la «natura umana» sia il «complesso dei rapporti sociali» è la risposta più soddisfacente, perché include l’idea del divenire: l’uomo diviene, si muta continuamente col mutarsi dei rapporti sociali, e perché nega l’«uomo in generale».
[A. Gramsci – L’affermazione di Feuerbach, tratto da A. Gramsci, Il materialismo storico, Ed. Riuniti, Roma 1977, pp.35-38]

Necessaria prenotazione entro il 15 maggio al numero 345 7153230 o al contatto email queersardinia@veronapride.it.
Contributo economico: 15€.

Prossimi eventi culturali, fatti in collaborazione con l' UDU Verona ( Unione degli Universitari)

- 4 Marzo: incontro con i Ch.mi Proff. Maria Rosaria Marella e 
Giovanni Marini, autori del libro "Di cosa parliamo quando parliamo di 
famiglia", Laterza, 2014;

- 16 marzo: incontro con Mariarosaria Petrasso su 'Ndrangheta ed 
Omofobia - la relatrice vorrebbe che potessero seguire l'incontro anche 
dall'Università di Cosenza via Internet;

- 22 aprile: incontro con Alessandra Simonelli  
su "Fragilità e risorse delle genitorialità atipiche";

Vietare le terapie riparative non lede la libertà di parola

[1] U.S. Supreme Court rejects challenge to N.J. ban on gay conversion therapy

L'articolo [1], redatto dall'Associated Press e pubblicato da diversi siti LGBT americani, riferisce che la Corte Suprema USA ha emesso un solenne "certiorari denied = il caso non ci interessa" all'appello di chi voleva far abrogare il divieto di terapie riparative sui minori di 18 anni (il maggiorenne che vuol farsi del male arricchendo i ciarlatani ne ha invece facoltà) promulgato dallo stato del New Jersey.

L'anno scorso era successa la stessa cosa con l'analoga legge dello stato della California; gli omofobi hanno provato in ambo i casi a presentare il divieto di terapie riparative come un attacco alla libertà di parola; era un argomento molto debole (come faceva notare la celeberrima giurista Martha Craven Nussbaum, si può limitare la libertà di parola sulle questioni mediche per impedire che la gente si rovini la salute dando retta a chi medico non è), e la Corte Suprema USA lo ha respinto.

Va precisato che i giudici di codesta Corte sono nove, e non sono obbligati a dibattere tutte le migliaia di casi che vengono loro presentati ogni anno - si limitano a dibatterne circa 150 l'anno, e perché un caso venga accolto con un "writ of certiorari", occorre che tre giudici almeno lo vogliano perché particolarmente significativo.

I giudici conservatori, e talvolta dichiaratamente omofobi, in quella Corte, sono più di tre, ma alla pretesa omofoba, a quanto pare, non hanno creduto, ed anche loro hanno considerato questo divieto una semplice questione di politica sanitaria, non di diritto costituzionale, non degna perciò dell'attenzione della Corte.

Anche gli omofobi italiani cercano di presentare un eventuale divieto contro le terapie riparative come un esempio di "pensiero unico" - possiamo rispondergli che queste cose le possono raccontare in parrocchia, ma a Washington, DC, non hanno creduto loro.

Raffaele Yona Ladu