[2] Il diritto islamico / Sami A. Aldeeb Abu-Sahlieh
Ci permettiamo di riportare la parte più becera del discorso di Zaia in [1]:
“Come la penso non è una novità, ma ogni tanto, di fronte a richieste e ipotesi di questo tipo, è bene ribadirlo: dico no alla Moschea fino a che non sarà affermato al di là di ogni ragionevole dubbio il criterio della reciprocità, il che significa poter aprire una Chiesa cattolica in un paese dove vengono applicate rigorosamente le leggi islamiche. Le religioni vanno rispettate tutte, nessuna esclusa, ma il rispetto deve essere reciproco e non mi pare sia ancora così”.
Si può rispondere in molti modi a Zaia; per esempio, facendogli notare che l'unico paese del mondo in cui si rispetti integralmente il diritto canonico cattolico è lo Stato della Città del Vaticano, in cui non sono presenti luoghi di culto non cattolici. Ma nessuna persona al mondo ne deduce che nel resto del mondo non devono essere ammesse chiese cattoliche.
Inoltre, potremmo fargli notare che, come osserva [2], la shari'a (diritto islamico religioso) si accompagna sempre al qanun (diritto laico, soprattutto amministrativo), quindi un paese come l'Egitto (in cui le chiese si costruiscono, pur con seri limiti, e si possono visitare) può avere buona parte della legislazione (per esempio, il diritto civile non di famiglia) di ispirazione romanistica senza che questo infici la funzione della shari'a come fonte suprema del diritto, proclamata nelle costituzioni che si sono succedute da Sadat ad As-Sissi.
Quindi, se devo dare io la definizione di "paese in cui vengono applicate rigorosamente le leggi islamiche", posso dire che l'Egitto è uno di questi, appunto perché in essi al sovrano è riconosciuta la facoltà di legiferare per il bene della nazione, colmando le lacune della Shari'a e sostituendola se necessario. La cosa non è nuova (è cominciata già con il secondo califfo, Omar 1°, e Solimano il Magnifico fu chiamato qanuni = legislatore proprio per questa sua attività) e mostra la strumentalità di affermazioni come quella di Zaia, il quale specula sull'ignoranza di chi lo vota e chi lo ascolta.
Si può aggiungere che il criterio di reciprocità non vale per i diritti fondamentali, tra cui quello alla libertà religiosa; dire che va condizionato alla reciprocità significa farne pedina di un gioco politico. Ovvero, strumentalizzarlo e degradarlo: anziché farne l'occasione per proclamare la pari dignità di ogni persona anche e grazie alle differenze tra esse, se ne fa l'occasione per umiliare e discriminare.
Coloro che dicono (a torto) che la loro libertà religiosa verrebbe compressa dal DL Scalfarotto, sono capaci di protestare contro quello che dice Zaia? Eppure si vantano di avere anche dei mussulmani tra i loro affiliati, e tutti dovrebbero rendersi conto che, appunto, la libertà religiosa non è divisibile.
Purtroppo, ne ho anche per Gilberto Gobbi, intellettuale organico alle Sentinelle in Piedi di Verona, il quale non si è fatto scrupoli di citare qui l'islamofoba Oriana Fallaci, in quanto esprimeva opinioni omofobe (spiacenti, noi ci rifiutiamo di citare persone che odiano l'islam od un'altra religione in nome della LGBT-friendliness, o fanno della causa LGBT un pretesto per l'islamofobia, l'antisemitismo, l'anticattolicesimo, ecc., perché l'odio, verso chiunque diretto, non fa parte della nostra politica), e per rendere più chiaro il suo pensiero, ha citato un brano del cardinale Newman in cui questi si pronunciava contro il pluralismo religioso (gli ho risposto qui).
Più passa il tempo e più è evidente che gli omofobi vogliono la libertà solo per se stessi.
Raffaele Ladu