Il coming out giova agli affari



John Browne
[1] è un articolo (la CNN si premura di precisare che esprime solo le opinioni dell’autore) di John Browne, ex CEO [Amministratore Delegato] della BP, una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo.

Entrato nella BP nel 1966, quando ancora studiava all’università, ne divenne il CEO nel 1995, e si dimise nel 2007, quando un giornale inglese, imbeccato dal suo ex, rivelò che egli era gay.

Egli fa parte della Royal Society, è presidente emerito della Royal Academy of Engineering, e presidente del comitato di gestione della Tate Gallery.

Sulla sua esperienza, e sulle lezioni da trarre, ha scritto il libro “The Glass Closet = L’armadio di cristallo” e creato il sito web [2].

L’articolo che traduco riassume quello che la sua storia ha da insegnarci. Prima però delle sue parole, attiro l’attenzione su quest’immagine – la didascalia inferiore spiega “Perché il coming out giova agli affari”:



I due grafici a sinistra indicano che succede di male ai dipendenti gay: 
  • il 26% dei dipendenti apertamente gay dice di sentirsi depresso;
  • il 41% dei dipendenti nascostamente gay dice di sentirsi depresso.
I due grafici a destra indicano che succede di buono ai dipendenti gay:
  • il 61% dei dipendenti apertamente gay è soddisfatto della sua progressione di carriera;
  • il 34%  dei dipendenti nascostamente gay è soddisfatto della sua progressione di carriera.
La didascalia in alto afferma che nel 2013 non c’era un solo CEO gay dichiarato nelle Fortune 500; devo precisare che Tim Cook, CEO della Apple Computer, azienda tra le prime 5 della classifica, è ora il primo e l’unico. Alla faccia degli omofobi che dicono, senza senso del ridicolo, che un maschio diventa gay perché non si sente all’altezza del suo ruolo virile!

Ora traduco. Le note tra parentesi quadre sono mie.

(inizio)
 
Opinione: Sei modi con cui i CEO possono infrangere l’armadio di cristallo
di John Browne, ex-CEO della BP, speciale per la CNN
1 Luglio 2014 – Aggiornato alle 1243 GMT (2043 HKT)

Durante la mia carriera alla BP, da apprendista a CEO, ho vissuto due vite separate. La prima era essere il volto di una delle più grandi aziende del mondo. La seconda era la mia vita privata come uomo gay.

Quando dichiarai il falso in tribunale per proteggere la mia privacy, questi due mondi si scontrarono, e persi la carriera che aveva strutturato tutta la mia vita professionale.

Avessi avuto più coraggio ed avessi fatto il coming out prima, durante la mia permanenza come CEO della BP!

Continuo a rimpiangerlo.

Ho scritto “The Glass Closet = L’armadio di cristallo” ed ho allestito GlassCloset.org per incoraggiare gli altri ad evitare i miei errori ed a portare tutti se stessi al lavoro.

Questo può succedere solo se i capi, e specialmente i CEO, creano un ambiente aziendale in cui le persone si sentono a loro agio nel fare il coming-out.

Ci sono sei cose che possono fare per infrangere l’armadio di cristallo.

1. Stabilire dall’alto una direzione chiara. Le aziende devono essere proattive [cioè, non aspettare gli eventi, ma precederli] nel rendere l’inclusione LGBT una parte dell’agenda dei capi, anziché delegarla al dipartimento risorse umane o ad una rete aziendale.

I capi vanno giudicati per la loro abilità nel creare un ambiente di lavoro inclusivo in modo sostenibile. Mentre io scalavo i ranghi della BP, sarebbe stato strano per un CEO dedicare delle risorse all’inclusione LGBT. Ora, si nota sempre di più quando non lo fanno.

2. Assicurarsi che i messaggi positivi siano accompagnati da soluzioni significative. Le conferenze LGBT, le reti aziendali, e le sponsorizzazioni dei Pride sono importanti, ma non bastano, e di rado hanno un impatto a lungo termine in una società. Tocca al CEO iniziare un’azione incessante, intransigente e sostenibile, con obbiettivi, misure e sanzioni. Questa è la prova di un vero leader.

3. Farne un efficace business case [occasione di guadagno]. L’inclusione LGBT è innanzitutto un imperativo umano. Ma giova anche agli affari, che ne risentono quando i dipendenti sono preoccupati da cose diverse dal loro lavoro. Peter Sands, il CEO di Standard Chartered [una grande banca inglese], mi disse che si preoccupava dei costi nascosti delle vite nascoste. Le persone sono più felici, più produttive, e fanno guadagnare più denaro alla loro azienda quando possono essere se stessi.

4. Ottenere il sostegno della maggioranza etero. La maggior parte delle persone è etero, e solo loro possono creare uno spazio sicuro per la gente che fa coming out.

Creando un ambiente di accettazione, comprensione ed inclusione, la maggioranza etero può garantire che il coming out non si accompagni alle disastrose conseguenze che temono i dipendenti velati.

Questo dovrebbe cominciare togliendo di mezzo dannose “microdiseguaglianze”, come il presupposto che ogni uomo sia sposato ad una donna, oppure l’abitudine di non chiedere alle persone gay dei loro partner per timore di metterle a disagio. Piccoli cambiamenti nel comportamento possono essere un potentissimo segnale per chi è alle prese con una vita nascosta.

5. Identificare e celebrare dei modelli di ruolo. Le politiche aziendali ed i cambiamenti comportamentali possono creare lo spazio giusto perché le persone possano fare il coming out, ma i modelli di ruolo dimostrano che è possibile e ne vale la pena.

Ecco perché The Glass Closet è pieno di storie, ed ecco perché ho allestito GlassCloset.org, in cui le persone gay ed etero possono condividere le loro storie di sessualità sul posto di lavoro.

Se i dipendenti velati possono identificarsi con qualcuno che ha aperto la porta dell’armadio, e ce l’ha fatta, allora è più probabile che abbandonino le paure che li ostacolano. Alla BP, non avevo un modello di ruolo apertamente gay, né avevo il vantaggio di guardare ad un altro CEO come presidente. Senza un modello di ruolo gay, non ho potuto esserne uno per gli altri.

6. Guardate aldilà del vostro naso. 77 paesi continuano a dichiarare illegali gli atti omosessuali tra adulti consenzienti. Le aziende che si impegnano per la diversità LGBT non distorcono le loro politiche, nemmeno negli ambienti più difficili.

Per esempio, l’IBM non permette che vengano ammorbidite le sue politiche antidiscriminazione in nessuno dei 170 paesi in cui opera.

Questo manda un messaggio chiaro ai governi, che capiscono quanto sono importanti le grandi società internazionali per le loro economie.

Le società non possono cambiare la legge, ed i dipendenti LGBT in quei paesi devono stare attenti ai pericoli in agguato. Ma creando uno spazio sicuro perché la gente sia aperta sulla sua sessualità, ovunque nel mondo, le società possono aiutare quei paesi a fare un passo nella giusta direzione.

(fine)
 
Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale