[1] http://www.famigliearcobaleno.org/Comunicati.asp?id=126
[2] http://lieviti.files.wordpress.com/2013/11/info-lieviti-ultima-versione.pdf
[3a] http://biqueer.blogspot.it/2013/08/omonormativita.html
[3b] http://biqueer.blogspot.it/2013/08/ancora-su-bi-e-lesbiche.html
Abbiamo letto con piacere il comunicato di Famiglie Arcobaleno pubblicato in [1]; ci sentiamo però in dovere, come associazione di persone bisessuali, di precisare alcune cose che all’autore della testimonianza, Luca, sono sfuggite.
Tutte le terapie riparative, ce ne siamo resi conto, si basano sul fenomeno noto come “cancellazione bisessuale”, ovvero si ritiene che la bisessualità o non esista, o sia patologica, o politicamente sbagliata.
Poiché una persona, secondo il loro modo di vedere, deve scegliere tra omosessualità ed eterosessualità, i terapeuti riparatori si propongono come coloro che aiutano chi ha un minimo di attrazione per le persone dell’altro sesso o di genere dissimile ad approdare all’eterosessualità; è una cosa impossibile (in New Jersey è partita una causa contro un’organizzazione che proponeva terapie riparative, con l’infamante accusa di frode in commercio), ma non è questo il punto.
Secondo la testimonianza di Luca,
La “base teorica” alternativa da fornire è riconoscere che la bisessualità esiste, non è più patologica dell’eterosessualità e dell’omosessualità (lo riconosce perfino l’ICD-10 dell’OMS, che i terapeuti riparatori citano solo quando fa loro comodo), e poiché identifica una categoria di persone fortemente discriminate (è falso che loro approfittino del “privilegio eterosessuale”: le statistiche mostrano che sono vittimizzate quasi quanto le persone trans), non la si può considerare politicamente sbagliata.
Una cosa da approfondire è quest’osservazione di Luca, che tra le motivazioni per lasciarsi irretire da codeste terapie cita anche:
Se più persone in diversi paesi si lamentano di questo, vuol dire che il problema esiste e va affrontato. Se ci pensate bene, i terapeuti riparatori dicono “se hai almeno un po’ di tendenze eterosessuali, noi ti rendiamo eteronormativo per quanto possibile”, e l’omonormatività non fa che rovesciare questo ragionamento.
Le organizzazioni LGBTQAI devono tornare a dire, come facevano nei primi anni dopo Stonewall: “Potete vivere la vostra sessualità come volete, purché non facciate male a nessuno. Non abbiamo nessun modello da proporvi e nient’altro da chiedervi”, anche per tagliare l’erba sotto i piedi ai terapeuti riparatori.
Il comunicato a cui rispondiamo è del 4 Novembre 2011; se non lo è ancora diventato, auguriamo a Luca di diventare presto un padre felice.
Circolo ARCI Lieviti
Bisessuali, Pansessuali e Queer
[2] http://lieviti.files.wordpress.com/2013/11/info-lieviti-ultima-versione.pdf
[3a] http://biqueer.blogspot.it/2013/08/omonormativita.html
[3b] http://biqueer.blogspot.it/2013/08/ancora-su-bi-e-lesbiche.html
Abbiamo letto con piacere il comunicato di Famiglie Arcobaleno pubblicato in [1]; ci sentiamo però in dovere, come associazione di persone bisessuali, di precisare alcune cose che all’autore della testimonianza, Luca, sono sfuggite.
Tutte le terapie riparative, ce ne siamo resi conto, si basano sul fenomeno noto come “cancellazione bisessuale”, ovvero si ritiene che la bisessualità o non esista, o sia patologica, o politicamente sbagliata.
Poiché una persona, secondo il loro modo di vedere, deve scegliere tra omosessualità ed eterosessualità, i terapeuti riparatori si propongono come coloro che aiutano chi ha un minimo di attrazione per le persone dell’altro sesso o di genere dissimile ad approdare all’eterosessualità; è una cosa impossibile (in New Jersey è partita una causa contro un’organizzazione che proponeva terapie riparative, con l’infamante accusa di frode in commercio), ma non è questo il punto.
Secondo la testimonianza di Luca,
di omosessuali che decidono di avere comportamenti eterosessuali è pieno il mondo. Di fatto i terapisti ricostitutivi non fanno altro che fornire una specie di "base teorica" a coloro che decidono di farlo.Questi “omosessuali che decidono di avere comportamenti eterosessuali” rispondono in realtà alla definizione di bisessualità data da Robyn Ochs:
Sono bisessuale perché riconosco di essere potenzialmente attratta – romanticamente e/o sessualmente – dalle persone di più di un sesso o genere. Non necessariamente nello stesso momento, non necessariamente nello stesso modo, non necessariamente nello stesso grado (il commento a questa definizione lo trovate in [2]).Ci guardiamo bene dal dire che chi ha i requisiti per un’identità bisessuale la deve adottare: è una scelta privatissima e siamo contenti di tutto quello che rende felice una persona, e non a spese degli altri; ma se noi “cancelliamo” la bisessualità, come fa anche Luca nel modo in cui descrive questi “omosessuali che …”, noi lasciamo mano libera ai terapeuti riparatori, che sussumeranno la bisessualità nell’eterosessualità, con il tacito consenso di molte persone del movimento LGBTQAI che pensano sbrigativamente che chi non è omo è etero.
La “base teorica” alternativa da fornire è riconoscere che la bisessualità esiste, non è più patologica dell’eterosessualità e dell’omosessualità (lo riconosce perfino l’ICD-10 dell’OMS, che i terapeuti riparatori citano solo quando fa loro comodo), e poiché identifica una categoria di persone fortemente discriminate (è falso che loro approfittino del “privilegio eterosessuale”: le statistiche mostrano che sono vittimizzate quasi quanto le persone trans), non la si può considerare politicamente sbagliata.
Una cosa da approfondire è quest’osservazione di Luca, che tra le motivazioni per lasciarsi irretire da codeste terapie cita anche:
una certa difficoltà a riconoscermi in tutto e per tutto in quello che mi sembrava essere il modello di vita gay prevalente, in cui stentavo a trovare una collocazione.Luca non è l’unico a notare quella che le persone bisessuali chiamano “omonormatività” (vedi [3a]), ovvero la tendenza ad uniformare il comportamento delle persone omosessuali ad un modello – tendenza più forte nelle comunità lesbiche (vedi [3b]) che in quelle gay.
Se più persone in diversi paesi si lamentano di questo, vuol dire che il problema esiste e va affrontato. Se ci pensate bene, i terapeuti riparatori dicono “se hai almeno un po’ di tendenze eterosessuali, noi ti rendiamo eteronormativo per quanto possibile”, e l’omonormatività non fa che rovesciare questo ragionamento.
Le organizzazioni LGBTQAI devono tornare a dire, come facevano nei primi anni dopo Stonewall: “Potete vivere la vostra sessualità come volete, purché non facciate male a nessuno. Non abbiamo nessun modello da proporvi e nient’altro da chiedervi”, anche per tagliare l’erba sotto i piedi ai terapeuti riparatori.
Il comunicato a cui rispondiamo è del 4 Novembre 2011; se non lo è ancora diventato, auguriamo a Luca di diventare presto un padre felice.
Circolo ARCI Lieviti
Bisessuali, Pansessuali e Queer