Nell'attuale dibattito tra eteronormativi e minoranze sessuali un posto importante lo pone l'interrogativo: ma ci possiamo fidare a far educare i nostri figli da famiglie che non sono composte da un uomo e da una donna?
La domanda cela un pregiudizio, in quanto la natura ha già fatto l'esperimento con la vedovanza, e, per quanto appaia ovvio ai più che perdere un genitore è un danno per un figlio, nessuno nei paesi a maggioranza cristiana come il nostro ha mai insistito perché il genitore vedovo si risposasse per il bene della prole.
Anzi, nei paesi come il nostro le seconde nozze sono scoraggiate, e si consiglia ai vedovi di ambo i generi di dedicarsi all'educazione dei figli, alla quale, così si ritiene, un secondo matrimonio non gioverebbe (il padre del defunto San Giovanni Paolo 2°, rimasto vedovo quando il futuro santo aveva nove anni, fece appunto questa scelta); se hanno bisogno di aiuto questi vedovi, si consiglia loro di rivolgersi ai parenti, e se a prendersi cura dei figli sono una madre vedova insieme con la nonna, la sorella, e la zia, magari con l'aiuto di una balia per il latte, a nessuno viene in mente che troppe donne stroppiano.
Il problema non è la composizione della famiglia, ma il sistema di valori sotteso: due genitori del medesimo genere che si amano ed allevano dei figli insieme, cosa che implica uscire dal cassetto e dichiararsi pubblicamente, non sono certo eteronormativi, ovvero non ritengono certo che la società debba basarsi sull'eterosessualità obbligatoria, e non insegnano questo ai loro figli.
Questo è il "danno" educativo che gli eteronormativi temono, senza rendersi conto che l'eteronormatività è una forma di discriminazione, paragonabile per gravità al razzismo ed all'antisemitismo (e nessuno riterrebbe carente un'educazione che non inculcasse questi -ismi), e per dimostrare la consistenza del danno essi citano alcuni studi (pochi sul totale) da cui apparirebe che i figli di famiglie omogenitoriali hanno maggiore probabilità di sviluppare un'identità LGBT.
Mettiamo che sia vero: se non si fosse eteronormativi e si pensasse che l'appartenere ad una minoranza sessuale è un caso della vita come avere i capelli biondi anziché bruni, questo non sarebbe un problema.
Un famoso studio sui gemelli ha mostrato che l'orientamento sessuale si eredita al 50% circa, più o meno come l'intelligenza, e questo impone di aspettarci una maggior prevalenza di persone LGBT tra i figli di coppie omogenitoriali; inoltre, poiché dei genitori non eterosessisti non incanalano lo sviluppo dei figli in direzione eteronormativa, in queste famiglie non è contrastato l'emergere di un orientamento non eterosessuale.
Le Sentinelle in piedi abbiano pazienza, ma se non c'è niente di sbagliato nell'essere LGBT, non c'è motivo di scoraggiare i figli dal diventarlo, anzi, va considerata una mancanza di rispetto nei loro confronti, spesso alla base di tentativi di suicidio.
Per quanto riguarda le statistiche, mi ha divertito molto leggere un elenco trasmessomi da un appartenente alle Sentinelle in Piedi degli studi che mostrano quanto giovi il matrimonio alla salute dei coniugi. Al gentile signore ho risposto che questo mostra l'urgenza di consentire anche alle coppie omosessuali di sposarsi, perché impedir loro di approfittare di codesti benefici è una grave discriminazione, paragonabile al negar loro le cure per le malattie infettive.
Uno studio sul quale gli eteronormativi puntano molto è stato condotto dal sociologo americano Mark Regnerus, al quale Human Rights Campaign ha dedicato il sito http://www.regnerusfallout.org/; questo studio pubblicato nel 2012 aveva intervistato circa tremila persone, ed aveva smentito molti studi precedenti che sostenevano che non ci sono apprezzabili differenze tra i figli di famiglie omogenitoriali e famiglie eterogenitoriali.
Le polemiche non sono mancate, e possono essere sintetizzate così: per prima cosa, ha definito "allevate da genitori omosessuali" tutte le persone che affermavano che i loro genitori avevano avuto anche una sola relazione omosessuale mentre li allevavano, anche se il genitore e l'amante non hanno convissuto ed allevato insieme i figli (nessuno definisce così una famiglia omogenitoriale); per seconda cosa, ha confrontato famiglie così mal definite nate dopo un divorzio con famiglie eterogenitoriali intatte (e gli stessi eteronormativi sanno qual dura prova sia un divorzio per i figli); per terza cosa, la rivista che ha pubblicato l'articolo ha avviato un'inchiesta interna che ha appurato che il comitato di esperti ha fatto un pessimo lavoro ed ha raccomandato la pubblicazione di un articolo che non se la meritava.
Le Sentinelle in piedi dicono: "Un articolo peer-reviewed può essere smentito solo da un altro articolo peer-reviewed"; io rispondo che un comitato di esperti non è un concilio ecumenico che stabilisce quali libri biblici vanno considerati divinamente ispirati e quali no - ma il fatto che la rivista abbia scaricato l'articolo da lei stessa pubblicato è una cosa rara che lo degrada al valore di un post su un blog.
Regnerus ha avuto dei sostenitori, ed un'inchiesta condotta dalla sua università lo ha assolto dall'accusa di frode scientifica (ma non afferma che egli abbia fatto un buon lavoro, anzi!); ciononostante l'Associazione Sociologica Americana, ogni volta che invia un "amicus brief" ad un tribunale americano per sostenere il matrimonio egualitario, si premura di stroncare lo studio di Regnerus con i primi due argomenti che ho citato; ed il 21 marzo 2014, il giudice federale Bernard Friedman, quando ha stroncato come incostituzionale il divieto di matrimonio egualitario che vigeva nel Michigan, ha dichiarato inattendibile sia lo studio di Regnerus, che la testimonianza orale da lui offerta in udienza.
Sono purtroppo notizie che le Sentinelle in piedi non riportano; e, se lo studio di Regnerus si è dimostrato un colossale boomerang per gli omofobi americani, esso ha purtroppo avuto gravi ripercussioni all'estero - su chi ha approvato le leggi antigay in Russia ed Africa.
Coloro che sostengono che un bambino ha bisogno per forza di un padre ed una madre presumono che i due sessi siano essenzialmente diversi, e che non ci sia modo di colmare la differenza; però uno studio israeliano pubblicato il 26 Maggio 2014 ha paragonato l'attività cerebrale di 21 padri e 29 madri etero con quella di 48 padri gay, ed ha osservato che quando un uomo ricopre il ruolo di "caregiver primario", cosa inevitabile in una famiglia omogenitoriale, la sua attività cerebrale si plasma in modo sia materno che paterno.
Le capacità emotive e cognitive richieste per fare da madre ad un figlio non sono un prodotto del sesso della genitrice, ma dell'esperienza nell'accudire il bimbo avendone la principale responsabilità - sono quindi alla portata anche delle persone di genere maschile, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.
Non sono queste le cose che possono nuocere ai figli. L'eteronormatività invece può nuocere, come sanno le persone LGBT che in molti paesi del mondo vengono cacciate di casa quando i genitori le scoprono - o tentano il suicidio per sfuggire ai maltrattamenti in famiglia, tra cui inserisco le terapie riparative, volte a cambiare l'orientamento sessuale delle persone.
Non solo l'Associazione Medica Americana, l'Associazione Psicologica Americana, l'Associazione Psichiatrica Americana le dichiarano inefficaci e nocive, ma gli stati della California e del New Jersey vietano di praticarle sui minori (se invece un adulto vuol farsi del male, ne ha facoltà), e lo stato di New York sta valutando se fare altrettanto.
Nel frattempo un tribunale del New Jersey ha accettato una causa contro JONAH, un'associazione ebraica americana che offre terapie riparative, già scaricata l'anno scorso dal Rabbinic Council of America, che si rendeva conto che continuare a sostenerla era troppo pericoloso.
Secondo il giudice Peter F. Barisio Jr., il comportamento di Jonah potrebbe costituire frode in commercio, in quanto ha promesso quello che era chiaro che non poteva mantenere, ed in caso di condanna (il processo inizierà l'anno prossimo) i clienti potranno essere risarciti con tre volte i danni che possono dimostrare: la prima volta per il giusto risarcimento, la seconda volta per infliggere al colpevole il danno che ha fatto subire alla vittima, la terza volta perché il sistema giudiziario angloamericano si rende conto che non tutti gli illeciti vengono puniti, e la minore certezza della pena dev'essere compensata dalla maggior severità.
Anche in Italia c'è chi si intestardisce a proporre terapie riparative. Ora sapete perché non dagli retta.
Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale