Quando sento dire che le istituzioni sono lontane dalla vita delle persone,

Quando sento dire che le istituzioni sono lontane dalla vita delle persone,
(di Michela Murgia)
a me viene in mente la storia del mio amico Giuseppe di Gavoi, che un giorno ha perso la carta di identità ed è andato nel suo comune per farsela rifare. Quando l’impiegato gli ha chiesto che lavoro doveva indicare sul documento, Giuseppe ha detto la verità: “Sono un pastore”. Il programma informatico dell’anagrafe però non aveva la parola “pastore” nella lista degli impieghi possibili e così l’impiegato, persona ligia ma anche pratica, ha pensato di procedere per analogia. “Mi dica un’occupazione che gli somiglia, gli ha chiesto. “Quello che faccio non somiglia ad altre cose” è stata la risposta ferma di Giuseppe. “Ma anche se fosse non mi interessa: io mi voglio pastore”. In quel volersi definiti per quello che si è davvero c’è molta fierezza , ma anche l’amarezza di chi è stanco di vedere la propria esistenza negata da un sistema che non ha più le categorie per capire la realtà. Nella sfida contro la cecità burocratica purtroppo nemmeno la fierezza è sempre sufficiente. Giuseppe infatti è andato via da quell’ufficio con un documento dove alla voce “professione” c’era scritto: coltivatore diretto.
Colpita da quest'articolo ne ho parlato a Raffaele il quale ha commentato come scritto nel post. Il passaggio che vorrei sottolineare è che "il bisessuale si troverebbe comunque davanti all'incomprensione dell'interlocutore: come i pastori per il software citato da Michela Murgia, il bisessuale spesso esce irrimediabilmente dalle sue categorie concettuali.

E con l'aggravante che, mentre nel caso citato da Michela Murgia l'addetto si è reso conto dell'incongruenza ed ha cercato di rimediare (più che alla meno peggio, malissimo), molti interlocutori hanno l'arroganza di dire cose come "la bisessualità non esiste", "sei un gay che non ha ancora fatto il coming-out", "ora sei bi, presto sarai gay". "