Da Michela Murgia alla bisessualità

A pagina 35 del numero 29/2013 di Donna Moderna, Michela Murgia ha scritto quest'articolo, che intendo qui commentare.

Innanzitutto, va detto che Michela Murgia è un'indipendentista sarda, ma molto più intelligente della maggior parte degli aspiranti autori di "piccole patrie": sa benissimo che la creazione di un gruppo sociale (ed i popoli e le nazioni sono gruppi sociali) è assai arbitraria, e non ha senso cercare nelle persone che ne fanno parte l'essenza che le distingue dalle altre, o peggio ancora ne garantirebbe la superiorità - ce lo ha dimostrato nel luglio 2012 presentando al Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu, presso Mara, in Sardegna, il suo romanzo L'incontro.

Ciononostante, non si deve privare una persona del diritto alla propria identità (che è l'insieme dei gruppi sociali con cui ci si identifica), come è capitato all'amico di Michela Murgia Giuseppe, a cui un software mal progettato ha vietato di dichiararsi "pastore" sulla carta d'identità e lo ha costretto a dichiararsi "coltivatore diretto".

Chi conosce la Sardegna sa che questa è una beffa amara, perché, sebbene quasi tutti i pastori abbiano anche un orto che li aiuta a sfamare la famiglia, e quindi non è del tutto sbagliato definirli "coltivatori diretti", pastori e contadini nell'isola si sono sempre fatti la guerra (leggi Pastori e contadini di Sardegna / Maurice Le Lannou), tant'è vero che lo scopo principale dell'ademprivio era quello di comporre il conflitto contemperandone le esigenze.

Va inoltre ricordato che quella del pastore non è una professione regolamentata nell'interesse collettivo: chi non ha i requisiti non può essere e dichiararsi medico od avvocato, ma chiunque può essere e dichiararsi pastore.

Quello che conta per noi di Lieviti è che Giuseppe, l'amico di Michela Murgia, si è trovato in una situazione molto simile a quella delle persone bisessuali: la società eterosessuale ed eterosessista non riconosce identità sessuali diverse dall'eterosessualità e dall'omosessualità - e pure le comunità LGBT spesso fanno la figura del comune il cui software, a detta di Michela Murgia, non prevede che una persona possa essere pastore, e non riescono a gestire la situazione.

Il risultato è che le persone bisessuali si trovano spesso a passare per quello che non sono: se hanno una relazione significativa con una persona di genere diverso dal proprio, passano da etero; se la relazione significativa ce l'hanno con chi è del loro proprio genere, passano da lesbiche o gay a seconda della loro identità di genere.

Ci sono i maligni che sono convinti che le persone bisessuali siano privilegiate proprio perché possono passare per qualsiasi cosa; a parte il fatto che le statistiche mostrano che sono invece danneggiate, questo essere costrette a passare per quello che non sono esige un enorme prezzo emotivo; se anche non si arriva agli estremi dei neri che negli USA prima della Guerra di Secessione (e spesso anche dopo) passavano da bianchi per sfuggire alla schiavitù od alle discriminazioni, o degli ebrei che durante la Seconda Guerra Mondiale passavano da ariani per sfuggire ai nazisti (la mia amica Bianca si è ispirata alla propria esperienza nel suo romanzo Con i lupi alle spalle), il minimo che ci si può aspettare è il vivere la situazione di Giuseppe, l'amico di Michela Murgia, di cui viene ufficialmente dichiarato quello che non è e non vuole essere, e questa dichiarazione val più delle sue negazioni e confutazioni.

Uno potrebbe anche dire: "Ok, se svelarti come bisessuale significa affrontare discriminazioni come quelle dei neri d'Amerikkka [ringrazio Shiri Eisner per questo gustoso ma tragico gioco di parole] o la morte come quella che infliggevano i nazisti agli ebrei, capisco che tu non voglia uscire dall'armadio. Ma se non corri questi rischi, perché non lo fai?"

I rischi ci sono eccome (il monosessismo uccide, e la bifobia pure); ma anche se non ci fossero, il bisessuale si troverebbe comunque davanti all'incomprensione dell'interlocutore: come i pastori per il software citato da Michela Murgia, il bisessuale spesso esce irrimediabilmente dalle sue categorie concettuali.

E con l'aggravante che, mentre nel caso citato da Michela Murgia l'addetto si è reso conto dell'incongruenza ed ha cercato di rimediare (più che alla meno peggio, malissimo), molti interlocutori hanno l'arroganza di dire cose come "la bisessualità non esiste", "sei un gay che non ha ancora fatto il coming-out", "ora sei bi, presto sarai gay".

A parte il fatto che, se queste persone dicessero invece: "la pastorizia non esiste", "sei un ortolano che non ha ancora fatto il coming-out", "ora sei pastore, presto sarai un coltivatore diretto", tutti scoppierebbero a ridere perché l'assurdità sarebbe palese, tali affermazioni si possono riassumere in questo messaggio: "Non sono io che devo adeguare la mia visione alla complessità del mondo, ma tu che devi entrare nelle caselle che la mia visione prevede - peggio per te se non ci riesci".

Una persona che conserva la propria visione del mondo anche quando l'esperienza la smentisce nettamente mostra di non essere aperta all'esperienza (perché alla sua personale non dà valore), ed anche se non lo dice, dimostra che questa visione l'ha mutuata da una fonte che non può permettersi di contraddire.

Questo è il germe della personalità autoritaria, o, per essere più precisi, dell'autoritarismo di destra - ma su questo dovrei scrivere un altro articolo.

Raffaele Ladu