Visione notturna del campus nord dell'Università Bar Ilan |
[10] http://www.newfamily.org.il/en/1906/israel-a-paradise-for-gay-families-by-nathalie-hamou-in-israel/
Traduco [1] , che riferisce dello studio di cui potete leggere l’abstract in [2], l’articolo completo in [3], ed ulteriore documentazione in [4]:
(inizio)
La struttura dell’attività cerebrale dei papa gay rammenta quella sia delle neomamme che dei neobabbi, sostiene uno studio
Reuters Posted: 05/26/2014 7:38 pm EDT Updated: 05/27/2014 3:59 pm EDT Print Article
di Sharon Begley
NEW YORK (Reuters) – I ricercatori avevano già scoperto che avere un bambino altera l’attività cerebrale delle neomamme, ed un nuovo studio aggiunge la prima prova di simili cambiamenti nei cervelli di uomini gay che allevano i figli che hanno avuto attraverso la maternità surrogata.
Nello studio, le strutture di attività cerebrale assomigliano sia a quelle delle neomamme che dei neobabbi.
La ricerca, rilasciata lunedì, potrebbe dare ulteriori elementi al dibattito se si deve consentire agli uomini gay di adottare dei figli. Molte agenzie di adozione americane non lavorano con le coppie omosessuali, ed alcuni stati proibiscono loro di adottare (vedi [5]).
Lo studio presente, pubblicato in Proceedings of the National Academy of Sciences = Atti dell’Accademia Nazionale [Americana] delle Scienze [6], è stato condotto in Israele, e si basa sul lavoro della neuropsicologa Ruth Feldman dell’Università Bar-Ilan, e di altri, che mostra che i cervelli delle neomamme diventano iperreattivi al pianto dei loro bimbi e ad altri segni emotivi.
Non era chiaro se questa struttura fosse un risultato dei cambiamenti ormonali e di altro tipo che accompagnano la gravidanza, oppure una risposta all’esperienza della maternità.
Per scoprirlo, la Feldman ed i suoi colleghi hanno ripreso 89 neomamme e neobabbi che interagivano a casa con i loro bimbi. Loro hanno poi misurato l’attività cerebrale dei genitori mentre guardavano i video dentro una macchina per la risonanza magnetica, e di nuovo (per rilevare l’attività cerebrale di base) mentre guardavano dei video in cui non apparivano i loro figli.
Nelle 20 madri dello studio, tutte caregiver primarie [ovvero con la principale responsabilità e cura del figlio], guardare i loro figli innescava un aumento dell’attività nelle regioni cerebrali che elaboravano le emozioni, specialmente in una struttura detta amigdala, che era cinque volte più attiva che nella condizione di base).
“Queste sono le regioni che rispondono inconsciamente ai segni delle necessità di un infante, e che traggono una profonda ricompensa emotiva dal vedere il bimbo”, ha detto la Feldman.
Per i 21 padri eterosessuali – che erano molto coinvolti nell’allevare i loro figli, ma il ruolo genitoriale principale lo svolgevano le mogli – guardare il loro infante aumentava l’attivazione dei circuiti cognitivi, specialmente una struttura che interpreta il pianto dei bambini e gli indizi non verbali. È la regione che sa quale contorsione significa “Sto per strillare” e quale significa “Mi devi cambiare”.
Dal punto di vista cerebrale, i 48 padri gay che allevavano i figli con i loro mariti sembravano essere sia mamma che papa. I loro circuiti emotivi erano attivi proprio come quelli delle madri, ed i circuiti interpretativi mostravano la stessa attività extra di quelli dei padri eterosessuali.
Idealmente, gli scienziati dovrebbero eseguire il neuroimaging sugli uomini e sulle donne prima e dopo esser diventati genitori, per mostrare in modo incontrovertibile che ogni accrescimento dell’attività ha seguito l’arrivo del bimbo, e non era presente prima: Finché non si può far questo, ha detto la Feldman, lei è fiduciosa che l’attività rivelatrice derivi proprio dall’essere genitore.
Un indizio: nei padre gay, ma non in quelli eterosessuali, il cervello aveva anche ulteriori linee di comunicazione tra le strutture emotive e cognitive. Più tempo aveva passato un uomo come caregiver primario, maggiore la connettività. Era come se l’aver giocato ambo i ruoli parentali avesse indotto il cervello ad integrare le strutture che ognuno richiedeva.
“I cervelli dei padri sono molto plastici”, ha detto la Feldman. “Quando ci sono due padri, i loro cervelli devono ricorrere ad ambo le reti, quella emotiva e quella cognitiva, per una genitorialità ottimale”.
(Resoconto di Sharon Begley; correzioni di Steve Orlofsky)
(fine)
Il Centro Gay di Tel Aviv-Giaffa - gestito dal Comune |
Uno degli argomenti che spesso viene sollevato dagli oppositori dell’omogenitorialità è che maschi e femmine sono essenzialmente diversi ed hanno diversi ruoli nell’allevamento dei figli.
Lo studio mostra che invece i cervelli dei maschietti sono abbastanza plastici da sapersi adattare anche a questa situazione.
Notare che l’autrice ha brillantemente schivato due tipi di essenzialismo: da una parte, ha mostrato che il cervello non deve essere femminile e non ha bisogno di essere inserito in un corpo femminile per diventare “materno”; dall’altra, ha mostrato che le differenze tra uomini etero ed uomini gay sono dovute non all’orientamento sessuale (ed a qualsiasi cosa possa sottostare alla differenza tra etero e gay), ma al diverso modo in cui fanno da genitori una padre etero (che di solito non è il caregiver primario) ed un padre gay (che spesso è il caregiver primario).
Il prossimo esperimento che consiglierei di fare dovrebbe confrontare delle coppie omogenitoriali gay a tutti gli effetti con delle coppie di uomini etero che si trovano ad allevare un figlio insieme (per esempio, perché il padre biologico è rimasto vedovo e si fa aiutare dal babbo vedovo anch’egli, o da un fratello celibe) – credo però che sia difficile far subire alla coppia etero lo stesso stigma sociale della coppia gay, per rendere perfettamente confrontabili i risultati.
Ve lo immaginate un omofobo che dice al padre biologico della seconda coppia: “Non devi farti aiutare da un altro uomo, anche se di lui ti fidi ciecamente, ad allevare tuo figlio, perché questo sarebbe diseducativo”? Non ha bisogno di questo studio per sapere che sarebbe una sciocchezza colossale, e che quello che lo turba non è l’avere due genitori del medesimo genere, ma due genitori dichiaratamente gay che NON insegnano l’eteronormatività alla prole.
Va osservato inoltre che lo studio è stato svolto in Israele, nell’Università Bar-Ilan [7] – un’università di ispirazione religiosa ebraico-ortodossa, ma considerata comunque di ottima qualità, in quanto, come potete vedere, pubblica studi con risultati “scomodi” e su persone “scomodissime”.
Infatti, sebbene le strutture sanitarie israeliane ne siano perfettamente all’altezza (vi ricorrevano anche alcune delle coppie etero italiane che dribblavano i divieti della Legge 40), la legge israeliana non consente alle coppie gay e lesbiche di ricorrere alla maternità surrogata; io e mia moglie siamo andati, durante il nostro viaggio di nozze, al Merkaz ha-Ga’ah = Centro Gay [8] di Tel Aviv-Giaffa, durante un convegno in cui diverse agenzie proponevano alle coppie gay la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata in Tailandia, Messico, Stati Uniti – spendendo ovviamente un pozzo di soldi.
Abbiamo visto dei bimbi felici (i figli di queste coppie - vedete il video che abbiamo girato noi in [9]), ed abbiamo letto di come i loro genitori si lamentino che è un serio problema far considerare i loro bimbi come ebrei dai rabbini ortodossi (iscriverli invece come tali nel Registro israeliano della Popolazione - cosa che purtroppo dà loro dei diritti in più – invece è semplice, perché basta provare di avere almeno un nonno ebreo).
Infatti, le madri surrogate non sono ebree, e per far considerare i loro figli ebrei, ci vorrebbe il “giyur ha-qtanim = conversione dei minori”, che si fa se chi li alleva mostra di seguire uno stile di vita conforme alla Torah nella sua interpretazione ortodossa.
Poiché però i rabbini ortodossi sono altrettanto eteronormativi dei preti cattolici, l’impresa è praticamente impossibile. Israele è un paese migliore dell’Italia per quanto riguarda i diritti civili delle persone gay e lesbiche (non dico LGBTQAI, perché la situazione per le altre minoranze sessuali è più difficile), ma lo stigma sociale non è inferiore, soprattutto nei circoli religiosi. Questo nonostante l’ottimistico articolo in [10] che vi cito.
Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Sociale e Sperimentale
Gay Pride a Tel Aviv-Giaffa - le strisce zebrate le ha ridipinte il comune |