La bellezza è nell'occhio di chi guarda (talvolta dalla parte sbagliata)

All'incontro, già criticato qui, di Bosco Chiesanuova del 9 Maggio 2014, è stato sostenuto, specialmente dalle persone che parlavano a nome di "La Manif pour Tous" e "Le Sentinelle in piedi" (gradirei che venisse notato che la cortesia di citare i siti web dei propri avversari dialettici, in modo che il lettore possa documentarsi direttamente, sono stato il primo ad averla), che un recente sondaggio del Pew Research Center - Global Attitudes Project mostra che l'Italia è uno dei paesi del mondo in cui più alta è l'accettazione dell'omosessualità - e Gilberto Gobbi si è premurato di precisare che la percentuale raggiungeva nel 2013 il 74%.

Ecco il riassunto dei dati più importanti del sondaggio:

Il grafico conclusivo del sondaggio Pew

Perciò, a detta delle portavoce di questi gruppi, non c'è in Italia un'emergenza omofobia che richieda leggi speciali; e questo sarebbe provato anche dal fatto che UNAR ed OSCAD hanno ricevuto poche denunce per episodi di discriminzione omofobica.

Ora, il sondaggio Pew ha chiesto semplicemente: "È il caso che la società accetti il comportamento omosessuale?"

Infatti, homosexuality è un false friend: come confermano il link precedente ed il seguente, mentre in italiano omosessualità significa solo "orientamento omosessuale", in inglese la parola può significare tanto "orientamento" che "comportamento" omosessuale - considerato che anche nei paesi di lingua inglese si pensa che le inclinazioni non abbiano lo stesso rilievo sociale delle azioni, mi sono permesso di intendere "homosexuality" come "comportamento omosessuale", dato che nell'articolo non c'era scritto nulla che lo vietasse.

Perciò, anche se il risultato è molto incoraggiante per gli attivisti LGBTQAI, che osservano (l'ho fatto anch'io qui) che ci sono paesi al mondo meno tolleranti dell'Italia in cui le minoranze sessuali hanno ottenuto di più, questo sondaggio non è una valutazione della qualità della vita delle persone LGBTQAI (Lesbiche, Gay, Biessuali, Transgender/Transessuali, Queer/Questioning, Asessuali, Intersessuali - e la lista si allungherà certamente).

Un sondaggio più mirato lo ha fatto la Gallup, che ha chiesto qui se il paese in cui l'interrogato viveva era buono perché ci vivessero gay e lesbiche (e gli altri no?) - e quindi la persona valutava la situazione com'era, non come avrebbe voluto che fosse.

Il sondaggio occorre comprarlo per leggerlo, quindi mi baso sul riassunto che si trova qui, e soprattutto sulla mappa che ne è stata tratta:


Percentuale degli interrogati che credono che il loro sia un buon paese per gay e lesbiche


La percentuale per l'Italia di risposte positive, come vedete, non supera il 60%; la discrepanza tra il sondaggio Gallup e quello Pew indica il divario tra la situazione percepita (non più del 60% delle persone dice che gay e lesbiche vivono bene in Italia) e quella desiderata (il 74% dice che la società deve accettare il comportamento omosessuale).

E come mai le persone pensano che in Italia gay e lesbiche non vivono bene come si meritano? Forse perché succedono cose come quella evidenziata da uno studio dell'Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali, secondo cui le persone LGBT più giovani sono più facilmente vittime di violenza o minaccia, ed il 67% di loro ha camuffato il proprio orientamento sessuale a scuola.

Uno può chiedersi se legislare sia il miglior modo di avvicinare la situazione percepita a quella desiderata - ma politicamente la possibilità c'è ed il bisogno pure.

Nell'incontro si è detto, erroneamente, che l'OSCAD si occupa solo di discriminazioni per orientamento sessuale - si occupa invece di ogni genere di discriminazione, come potete constatare qui; ed in quest'altra pagina si parla di come UNAR ed OSCAD lavorino insieme.

La scarsità di denunce per atti di discriminazione in genere la si può tranquillamente attribuire alla "cifra oscura", ovvero al fatto che non tutti i delitti vengono segnalati alla polizia, e che gli atti di discriminazione sono tra quelli con "cifra oscura" più alta.

Un'altra pagina della citata Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali afferma che il 56% delle persone LGBT interrogate sa che ci sono leggi contro le discriminazioni, ma la metà di chi ha subito violenza o molestia non le denuncia comunque perché convinta che la polizia non muoverebbe un dito.

Non sono cifre dappoco: la medesima pagina riassume che il 26% delle persone LGBT interrogate ha detto di aver subito violenza o minaccia nei cinque anni che hanno preceduto la somministrazione del questionario, ed il 19% degli interrogati sostiene di essere stato discriminato sul lavoro, o mentre cercava lavoro.

Queste sono le principali medie europee; scendendo in dettaglio (qui) si scopre che:
  • il 54% degli interrogati italiani (ed il 47% degli europei) si è dichiarato discriminato o molestato a causa del proprio orientamento sessuale;
  • il 20% degli italiani (e degli europei) si dichiara discriminato sul lavoro nei 12 mesi precedenti all'intervista;
  • il 34% degli italiani (ed il 32% degli europei) si dichiara discriminato fuori dal lavoro;
  • il 95% degli italiani (ed il 91% degli europei) ha udito commenti negativi od ha assistito a comportamenti negativi su o verso un compagno di scuola a causa del suo orientamento sessuale;
  • il 69% degli italiani (ed il 67% degli europei) ha camuffato il proprio orientamento sessuale a scuola;
L'Italia discrimina quindi come e peggio del resto d'Europa, non è un'isola felice.

Particolarmente interessante è questo dato: il 66% delle persone omosessuali (la cifra sale al 75% per i maschi gay) ha paura tenere per mano il partner in pubblico.

Disaggregando per paesi, si scopre che, se si chiede alle persone se è "very widespread = assai diffusa" l'abitudine di tenersi per mano in pubblico, la media europea è del 75% di risposte affermative per le coppie etero, e solo il 3% per le coppie omo; in Italia le due percentuali sono l'83% per le coppie etero e l'1% per le coppie omo.

Il doppio standard è evidente: le relazioni intime tra persone del medesimo genere sono profondamente disapprovate, con la complicità di chi propone terapie "riparative". In una situazione simile, ci vuole tempo perché degli organismi di nuova costituzione (come l'UNAR e l'OSCAD) riescano a far emergere il sommerso. 

Oltre ai sondaggi UE, sono molto significative purtroppo le rassegne stampa curate dalle associazioni e comunità etnico-religiose coinvolte, come ad esempio l'Arcigay e l'UCEI.

Lo so, quest'ultima è l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - ma l'antisemitismo e l'omofobia hanno molte cose in comune; ho provato a spiegarlo qui, e lo mostra anche questo e-book, in cui si sostiene che l'omofobia giocò un ruolo importante anche nell'Affaire Dreyfus; l'allora giovane giornalista gay di madre ebrea Marcel Proust lo avrebbe intuito, e ne avrebbe lasciato avvertire l'eco anche nella Récherche.

Perciò, per quante critiche possa meritare una legge sull'omofobia (non ne parlo adesso), è perfettamente giustificato equiparare l'omofobo all'antisemita, e trattarlo in modo analogo - quello che vuole fare il DL Scalfarotto.

Ma non c'è bisogno di leggere le ultime scoperte sull'Affaire Dreyfus: basta leggersi le memorie di Rudolf Hoess ([italiano], [sito inglese]) ed un discorso di Heinrich Himmler ([italiano]) per capire che l'omofobo ed il sostenitore delle terapie riparative avranno sempre la scomoda compagnia del nazista.

E nella storia non sono mancate le persone che, pur non essendo affatto naziste e pur non approvando la politica antiebraica del regime, si rifiutarono di intervenire in difesa degli ebrei, sostenendo che questi se la sarebbero comunque cavata grazie alla loro potenza.

Questo valeva per la chiesa cattolica in Germania, ma il parossismo si ebbe con alcuni criminali di guerra nazisti, di cui ho letto che furono disingannati sulle panzane che loro stessi si raccontavano sul complotto mondiale ebraico proprio dal fatto che nessuno mosse un dito per impedire la Shoah. Io non aspetterei l'inizio di un Omocausto per smettere di credere alle favole sulla "lobby gay".

Nell'incontro si è detto che l'UNAR si è comportato come l'agente di un governo totalitario facendo redigere dall'Istituto A. T. Beck i famosi libretti, e che i genitori hanno la priorità nell'educazione dei figli, come espresso dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo promulgata nel 1948.

Ora, è vero che l'articolo 26 comma 3 della citata Dichiarazione afferma:
I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.
Ma appena prima, il comma 2 del medesimo articolo 26 sostiene:
L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
Mi è lecito intendere che il comma precedente prevale sul seguente?

E la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 così termina:
Articolo 28 
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29
1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. 
2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. 
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30 
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

I militanti LGBTQAI conoscono benissimo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, tant'è vero che nel 2006 un gruppo di giuristi ha redatto i Principi di Yogyakarta ([sito originale], [traduzione italiana eseguita da me]), con cui si stabilisce la base dei diritti delle minoranze sessuali nel diritto internazionale in generale, e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo in particolare.

Certo, è un vero peccato che nel 2013 l'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) non abbia voluto votare questi principi; ma la partita non è finita.

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale