Nella nostra società, più monosessista che eterosessista, la bisessualità è perlopiù invisibile (“i bisessuali non esistono”) oppure trasparente (“siamo tutti un po’ bisessuali”), ed emerge soprattutto in questa circostanza: quando una persona (chiamiamola X) termina una relazione con la persona di un genere (chiamiamola A) e ne inizia una con una persona di altro genere (chiamiamola B).
La persona che viene lasciata (cioè A) il più delle volte se la prende a male, e tra le cose che dice (perché convinta, non solo per dar fiato alla bocca) c’è spesso quest’affermazione: “Se B fosse stata del mio genere, l’avrei anche capito – ma poiché B è di altro genere, l’affronto è intollerabile!”
A lume di logica, l’affermazione non avrebbe senso: il rapporto con A è comunque finito, che importanza hanno per A le qualità di B, il nuovo partner? Arrabbiarsi perché il nuovo partner è di genere diverso dal proprio non è più sensato che arrabbiarsi perché ha il colore degli occhi diverso dal proprio.
Purtroppo, molte persone desiderano controllare la vita degli altri, e questo rimprovero tradisce la pretesa di controllare il proprio partner anche quando è ormai ex: se non si è più in grado di tenerlo legato a sé, si cerca almeno di condizionarne le scelte future.
C’era una volta l’uso di combinare i matrimoni dei propri figli – l’ex-partner A che sostiene che X, dopo averlo lasciato, avrebbe dovuto mettersi insieme con una persona del proprio genere anziché con B non si comporta come un ex-partner, e probabilmente non si è mai comportato da partner, ma pretende di continuare a comportarsi come il genitore di X.
Nella miglior tradizione monopatriarcale (di solito si dice “eteropatriarcale”, ma questo fenomeno capita anche nelle disciolte coppie omosessuali, quindi è più esatto dire “monosessista-patriarcale”, e quindi “monopatriarcale”) A, arrogandosi il ruolo di genitore di X, pretende di giocare sempre un ruolo nella vita di X, anche quando non convive più con X e non è più la persona più importante nella vita di X, e di scegliere il suo compagno di vita (o perlomeno vincolarne le scelte).
Chi fa il genitore a sproposito spesso è in realtà immaturo, e potremmo liquidare casi come questi come esempi di patologia individuale; purtroppo il monosessismo prospera sull’incapacità delle persone di superare i propri limiti, ed incoraggiano questi atteggiamenti.
Colui che in altre circostanze verrebbe prontamente riconosciuto come uno che, giocando a fare il genitore di una persona adulta, mostra invece la sua inettitudine come educatore (perché il buon educatore sa quando è il momento di farsi da parte - allo stesso modo in cui il buon soldato sa quando è il momento di trattare la pace), si ammanta così della veste del tutore del monosessismo, investito della sacra missione di punire chi lo ha trasgredito.
Molti etero si sono resi conto che così non si può andare avanti; nel mondo LGT (e specialmente L) questa presa di coscienza è ostacolata dal sentirsi una minoranza perseguitata e sempre incoraggiata a “cambiare campo” adottando un’eterosessualità di comodo (Adrienne Rich parlerebbe di "eterosessualità obbligatoria") – per cui alle persone con l’unico atteggiamento che mi pare ragionevole si affiancano purtroppo delle persone che giustificano questo modo di agire in nome del superiore interesse della causa.
In realtà, la libertà non può valere in un senso solo – per cui chi esce da una coppia eterosessuale per entrare in una omosessuale va incoraggiato e chi esce da una omosessuale per entrare in una eterosessuale va perseguitato. Non serve a niente sostituire l’eteronormatività con l’omonormatività (meno pericolosa, ma comunque spiacevole), ed ognuno ha diritto ad amare senza vincoli.
Raffaele Ladu