Il manifesto del Treviso Pride 2016

Riproduciamo il manifesto del Treviso Pride 2016 (che riguarda tutto il Triveneto, cioè tre regioni italiane con oltre 7 milioni di abitanti in tutto); riteniamo opportuno osservare che la menzione della bifobia in più punti del manifesto, la definizione dei bisessuali come persone che possono essere attratte da più di un sesso e/o genere (una sintesi della famosa definizione di Robyn Ochs), e la menzione degli asessuali, è merito nostro.

Non si è potuto convincere il comitato a sostenere il poliamore. Pazienza.

Raffaele Yona Ladu

(inizio)

Viviamo in un Paese che non prevede un’aggravante per i reati fondati sull’omofobia e la transfobia e che non riconosce la piena parità diritti alle coppie omosessuali e alle famiglie omogenitoriali. Non sorprende dunque che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo abbia stabilito che l’Italia viola l’art. 8 della CEDU sul diritto al rispetto della propria vita privata e familiare “perché la tutela legale attualmente disponibile per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”.

Nel 2012 il Consiglio Regionale del Veneto approvava all’unanimità una mozione (la n. 8) “per la prevenzione e la lotta ad ogni forma di discriminazione legata all’orientamento sessuale e alla identità di genere”. Con tale atto di indirizzo politico impegnava la Giunta regionale a promuovere, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, iniziative destinate a sensibilizzare l’opinione pubblica verso la cultura delle differenze, la prevenzione e la condanna degli atteggiamenti e dei comportamenti di natura omofobica e transfobica, nonché a sostenere progetti, in collaborazione con gli organismi istituzionali di competenza, per lo sviluppo di iniziative dedicate alla lotta contro le discriminazioni e alla prevenzione degli atteggiamenti e dei comportamenti di natura discriminatoria, per eliminare stereotipi, pregiudizi e violenza. Due anni dopo, lo stesso Consiglio Regionale approvava la mozione n.270, con cui impegnava la Giunta ad individuare una data per la celebrazione della “Festa della Famiglia Naturale, fondata sull’unione fra uomo e donna”, ed a sollecitare presso il Governo la non applicazione del Documento Standard per l’educazione sessuale in Europa redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Regione promuoveva così la superiorità e l’esclusiva legittimità di un modello familiare discriminando le altre forme di famiglia che compongono la nostra società.

Infine, nel settembre 2015, le Consigliere ed i Consiglieri approvano a larga maggioranza una mozione dal titolo “La scuola non introduca ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l'ideologia gender”, dimostrando di dar credito ad una ideologia scientificamente inconsistente, ripetutamente smentita da organismi accademici e professionali. La città di Treviso, che pure in passato è stata dipinta e percepita e come intollerante nei confronti degli stranieri e della comunità LGBTQIA, ha cercato in questi ultimi anni di ritrovare la sua vocazione inclusiva e libertaria, in accordo peraltro con lo Statuto della Città, che all’art.1 recita: «Treviso, città martire nei due conflitti mondiali e decorata di medaglia d’oro al valor militare per il ruolo svolto durante la Resistenza, rinnovando la millenaria tradizione di libertà che si è espressa nella forma dei liberi comuni e nell’aggregazione alla Repubblica di Venezia, assume come valori fondamentali i principi della Costituzione repubblicana. Il Comune di Treviso ispira la propria azione ai supremi principi della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia e della solidarietà e persegue il bene dei propri cittadini senza discriminazioni politiche, religiose, razziali, etnico-linguistiche, sessuali, sociali. […]». All’inizio del 2014, il Comune ha aderito alla Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere (RE.A.DY.), il cui obiettivo è quello di mettere in sinergia l’azione delle Pubbliche Amministrazioni per promuovere sul piano locale politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone LGBTQIA, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi. Nello stesso anno, il Comune ha istituito il Registro delle Unioni Civili, rivolto alle coppie formate da “due persone maggiorenni, che si dichiarano reciprocamente legate da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune”. Il fine dichiarato è quello di superare situazioni di discriminazione e favorirne l’integrazione nel contesto sociale, culturale ed economico del territorio. È necessario che il cammino iniziato prosegua, perché Treviso possa liberarsi dalle ombre del passato, promuovendo il protagonismo delle cittadine e dei cittadini, della associazioni e di tutti i soggetti che desiderano rendere la città inclusiva e aperta alle differenze.

Insieme possiamo abbattere i muri di del pregiudizio e della discriminazione, per aprire la città e portare le esistenze di tutti, i nostri corpi, le nostre vite, i nostri amori, alla luce del sole.

Perché il Pride? Perché il Pride? Perché il Pride? Perché il Pride? LGBTQIA non è soltanto una sigla; dietro a questo acronimo stanno persone in carne ed ossa, cittadine e cittadini che lottano ogni giorno per la loro dignità, per la loro libertà e per i loro diritti; e che, spesso, sono etichettate con appellativi insultanti. LGBTQIA sono persone

- lesbiche, donne che amano le donne,

- gay, uomini che amano gli uomini,

- bisessuali, persone che possono essere attratte da più di un sesso e/o genere,

- transessuali/transgender, uomini e donne nati in un corpo che non corrisponde al loro sentire più autentico per quanto riguarda l’identità di genere;

- queer, persone il cui orientamento sessuale e/o la cui identità di genere non rientra nei canoni del binarismo creato dalla cultura egemone (omo/etero, uomo/donna);

- intersessuali, persone che possiedono caratteristiche non direttamente ascrivibili ad uno dei due generi riconosciuti;

- asessuali, persone che non hanno attrazione sessuale e interesse per il sesso, mantenendo l’interesse o l’attrazione attrazione intellettuale o emotiva verso altre persone.

Il fenomeno dell’omofobia, della lesbofobia, della bifobia, della transfobia non riguarda solo il mondo delle persone LGBTQIA. Anche tutti coloro che non si adeguano alla norma che impone ruoli e atteggiamenti stereotipici, strettamente legati al genere femminile e maschile, sono vittime di ingiurie, vessazioni, emarginazione, violenza fisica e psicologica.

Pride è la fierezza di tutte queste persone di fronte alla propria storia e alle proprie scelte.

Pride è l’orgoglio per ciò che si è e per le battaglie che giorno per giorno si affrontano, si vincono o volte anche si perdono.

Pride è espressione di festa e di mobilitazione civile che percorrerà l’Italia all’inizio della prossima estate.

Eventi, dibattiti, performance artistiche, il corteo e la festa finale, vorranno essere una grande chiamata in nome dell’uguaglianza e della libertà:

- libertà di espressione, perché non vogliamo che nessuno sia mai più perseguitato, deriso, marginalizzato o stigmatizzato per la sua identità di genere o per il suo orientamento sessuale;

- libertà di partecipazione, perché la collettività è arricchita dall’apporto delle persone LGBTQIA, dal loro contributo sociale, dalla loro esperienza e dalla loro creatività, per le professioni che svolgono e per le tasse che pagano;

- libertà di pensiero e di coscienza, perché nessun modello comportamentale può essere arbitrariamente eletto a normalità, e nessun sistema religioso può giustificare pratiche sociali discriminatorie.

Ci riconosciamo al fianco di tutti coloro che per qualsiasi motivo indipendente dalla loro volontà si trovano ad essere discriminati. Il nostro punto di riferimento resta la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che all’articolo 21 recita: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale».

Appoggiamo le rivendicazioni delle donne per la parità dei loro diritti, per l’autodeterminazione e per la tutela contro la violenza. Solo la liberazione della società dai condizionamenti del patriarcato può essere la premessa perché le donne conquistino una effettiva parità e le persone LGBTQIA siano libere di essere ciò che sono, senza l’imposizione di modelli di genere nei quali non si riconoscono. Tutti gli uomini e le donne hanno diritto di cercare e costruire la propria felicità.

Alla luce di queste considerazioni, auspicando e confidando nella più ampia partecipazione sociale, ci impegniamo perché vengano prese in considerazione le seguenti istanze.

Vita politica e amministrazione pubblica:

- tutti i matrimoni contratti all’estero siano trascritti nello Stato Civile dei nostri Comuni, come testimonianza civile nella direzione di un accesso egualitario all’istituto del matrimonio anche nel nostro Paese;

- lo Stato italiano introduca una legge che estenda il matrimonio civile anche alle coppie dello stesso sesso,

- Lo Stato italiano si adoperi per la creazione di istituti differenti e distinti dal matrimonio che prevedano il riconoscimento giuridico delle unioni civili, per coloro che non si riconoscono nell’istituto del matrimonio;

- lo Stato italiano riconosca legalmente la figura del cogenitore, attraverso l’adozione interna alle coppie omosessuali, al fine di garantire il diritto alla continuità affettiva e godere dei benefici economici e materiali, altresì estendere il diritto-dovere del genitore non biologico di prendersi cura dei figli;

- lo Stato italiano garantisca l’adozione di minori anche da parte delle/dei singole/i e delle coppie dello stesso sesso;

- venga riconosciuta un’aggravante per i reati fondati sull’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, e che l’incitamento all’odio contro le persone omosessuali, bisessuali e transessuali, sia perseguito e punito come quello all’odio razziale;

- sia recepita la Direttiva Europea 38 del 2004 sulla libertà di movimento dei cittadini europei;

- ci sia una costante applicazione della Direttiva Europea 85 del 2005 riguardo allo status di rifugiato anche per le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitate, non solo dallo Stato, nei loro paesi;

- il Consiglio Regionale del Veneto abroghi la mozione 270 del 2014, che sotto il pretesto di una difesa della cosiddetta “famiglia naturale” nasconde un pronunciamento discriminatorio contro tutte le altre forme di famiglia che già esistono;

- il Consiglio Regionale del Veneto abroghi altresì la mozione 13 del 2015 che, nel timore che si diffonda un’ideologia, che non ha fondamento scientifico alcuno, chiede alle Scuole di svolgere azioni che sono già di loro competenza;

- il Consiglio Regionale del Veneto applichi la mozione 4 del 2010 per la promozione di iniziative destinate a sensibilizzare l’opinione pubblica verso la cultura delle differenze, la prevenzione e la condanna degli atteggiamenti e dei comportamenti di natura omofobica e transfobica, nonché a sostenere progetti per lo sviluppo di iniziative dedicate alla lotta alla discriminazione per orientamento sessuale ed identità di genere, e che si faccia portavoce presso il Parlamento italiano per l’approvazione di leggi che tutelino e legittimo le persone LGBTQIA;

- sia istituito in tutti i Comuni un registro in cui possano iscriversi le coppie conviventi perché siano loro riconosciuti concreti diritti e tutele da parte dell’amministrazione comunale;

- i Comuni aderiscano alla Rete Ready per una strategia condivisa e lo scambio di buone pratiche nella lotta alle discriminazioni;

Sanità e assistenza sociale:

- siano attivate nuove campagne di informazione sulle infezioni da HIV e sulle infezioni a trasmissione sessuale in generale.

- si organizzino iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte al personale medico e paramedico sul rapporto medico-paziente, qualora si trovassero davanti persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali;

- sia esteso il regime di anonimato e gratuità, attualmente valido solo per il test HIV tradizionale, ai test per le Malattie a Trasmissione Sessuale (MTS) più comuni come gonorrea, epatiti e sifilide; il servizio sia offerto con maggiore visibilità, in particolare per le categorie più sensibili;

- sia realizzato un più efficiente monitoraggio delle nuove infezioni, sia per HIV sia per le MTS più gravi, al fine di fare prevenzione in modo strategico, su fasce d’età e categorie a rischio; sia promosso il test rapido per HIV, attraverso iniziative di informazione, prevenzione, e accesso al test community-based; sia promosso a larga scala il preservativo maschile e femminile come strumento di prevenzione contro le MTS;

- vengano vietate ufficialmente le terapie di conversione per la presunta guarigione dall’omosessualità (“terapie riparative”);

- sia portata a compimento la depatologizzazione e la depsichiatrizzazione della transessualità;

- sia riconosciuto alle persone transessuali il diritto di cambiare nome prima di aver completato la transizione e sia risparmiato l’intervento chirurgico demolitivo-ricostruttivo a tutte quelle persone transgender che per qualsiasi motivo non possono e non vogliono subirlo;

- siano proibiti gli interventi chirurgici e farmacologici di riassegnazione di genere a quei neonati e neonate che presentano caratteristiche sessuali non immediatamente ascrivibili a uno dei due generi prevalenti (intersessuali);

- siano potenziati i consultori del territorio, per garantire alle donne l’accesso alle cure e all’interruzione di gravidanza, assicurando loro quella libertà di scelta che negli ultimi anni è costantemente ostacolata dall’altissima percentuale di medici obiettori;

- sia abolita la legge 40/2004, ovvero ci sia una modifica della stessa allo scopo di consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita a single e coppie, anche dello stesso sesso;

- le persone LGBTQIA anziane ricoverate in case di cura o strutture protette siano rispettate, e siano avviate tra le ed i professionisti campagne di informazione e di sensibilizzazione mirate alle problematiche della terza età LGBTQIA;

- l’approvazione di una legge sul fine vita che riconosca alle cittadine e ai cittadini il diritto alla libera scelta e allo Stato il dovere di farsi carico di situazioni cliniche eccezionali per porre fine ad agonie prolungate.

Scuola:

- nei piani dell’offerta formativa nelle scuole pubbliche sia garantita una vera educazione all’affettività e alla sessualità, così come alle differenze, adeguata all’età degli studenti, capace di coinvolgere anche le famiglie, improntata ai principi democratici del rispetto e dell’accoglienza di ogni diversità, attuati di concerto con le associazioni LGBTQIA e/o soggetti competenti;

- le scuole, e in particolare il corpo docente e amministrativo, siano attrezzati culturalmente e professionalmente per accogliere e valorizzare tutte le esperienze familiari da cui possono provenire i loro alunni, senza imbarazzi, discriminazioni o forzature;

- alle e agli insegnanti sia offerta la formazione necessaria per trattare con rispetto e gentilezza ogni loro studente LGBTQIA, per estirpare ogni ideologia discriminatoria nella comunità scolastica e per prevenire efficacemente il bullismo omofobico e transfobico;

- in tutte le università sia concesso alle persone transgender il libretto per gli esami e la modulistica corrispondenti al loro genere.

Nel segno della libertà d’espressione garantita dalla nostra Carta Costituzionale che, inoltre, all’Art. 2 afferma: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese», crediamo che anche la Città di Treviso abbia il dovere di ospitare il Pride 2016 e il percorso di eventi e iniziative che lo accompagnerà nei mesi precedenti.

Chiediamo all’Amministrazione Comunale e ai suoi rappresentanti, quali espressione di una società matura e consapevole come quella trevigiana, di voler patrocinare, promuovere e aderire a sì pregevole iniziativa.

Comitato Treviso Pride 2016
Antonio Monda
Elena Toffolo
Marina Marzari
Claudia Corso
Simone Carnielli
Lucia Dalla Pozza

(fine)