Chi ha il martello del giudice

Ad ogni Pride alcune persone si lamentano degli “eccessi” di alcuni partecipanti; tra costoro non troviamo solo i “benpensanti”, ma anche alcune persone LGBT.

La mia opinione si ispira al pensiero politico liberale, ed in special modo a John Rawls; la riassumo così: quando congegnate un sistema politico, immaginate che in quel sistema potreste trovarvi in minoranza.

Questo vi obbliga a migliorare il più possibile la sorte delle minoranze; Rawls fa quest’esempio: immaginate che un sistema faccia guadagnare 500 ai poveri e 1.000.000 ai ricchi, ed un altro dia 200 ai poveri e 2.000 ai ricchi.

Secondo Rawls, va scelto il primo, in quanto, anche se le sue diseguaglianze sono molto più ampie (2.000 a 1 anziché 10 a 1), comunque consente ai poveri di vivere meglio (500 contro 200).

Un esempio monetario più è facile da capire di uno che riguarda i diritti delle persone, ma sto chiaramente pensando a questi.

Se un sistema politico va valutato sulla base della condizione delle minoranze, vuol dire che non sono le maggioranze ad avere il diritto di giudicare le minoranze, bensì il contrario.

Nessuno ha il diritto di far male al prossimo, ma nessuno può vietare ad alcuno quello che non fa male a nessuno.

Quindi, non siamo noi in minoranza (come le persone LGBTQAI* ed alleati) che dobbiamo guadagnarci il rispetto della maggioranza (eterosessuale, ma spesso anche eteronormativa), bensì è la maggioranza che deve dimostrare la propria apertura mentale consentendo alle minoranze di prosperare.

I cosiddetti “eccessi” di alcuni partecipanti ai Pride possono essere di cattivo gusto, ma non fanno male a nessuno.

Chi non li apprezza può tranquillamente ignorarli. Questo va risposto a chi ne trae il pretesto per attaccare il Pride.

Dir questo è fondamentale, in quanto queste persone praticano quella che Martha Nussbaum chiama la “politica del disgusto”, ovvero non si sognano di proibire solo quello che è nocivo, ma anche quello che per loro è “disgustoso” o semplicemente “fastidioso”.

Questo non è accettabile, in quanto espone la società ad un proliferare di divieti insensati, che finiscono con il ledere la dignità umana: se delle persone trovano disgustosi i matrimoni tra bianchi e neri, dobbiamo vietarli per far loro piacere?

Soprattutto, non è il caso di essere subalterni alla maggioranza, quando siamo noi che dobbiamo esercitare una gramsciana egemonia su di lei.

Ovviamente, sto parlando dei diritti delle persone, tra cui quello alla propria identità e manifestazione di sé – non delle decisioni politiche spicciole, che è giusto vengano decise democraticamente a maggioranza.

Raffaele Yona Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale