A Verona esiste un'associazione ("Lieviti") di bisessuali: «siamo vittime di pregiuzi. Anche degli omosessuali»
Il
dibattito sui diritti e le rivendicazioni gay ha preso talmente piede
sui media tanto da oscurare chi, lungi dall’ascriversi dalla cosiddetta
ortodossia etero, denuncia una disparità di attenzione quanto meno mediatica. A Verona c’è una associazione con tanto di portale web, “Lieviti”, che è diventata un punto di riferimento nazionale per chi invece porta avanti le istanze del variegato mondo dei bisessuali. La presiede Luigia Sasso (in foto) che in prima battuta spiega di essere «sposata, bisessuale con un uomo che invece è eterosessuale».
Il che potrebbe apparire come una contraddizione anche se «non è
così», sottolinea la Sasso. Che spiega il motivo di un nome tanto
curioso scelto per l’associazione da lei presieduta: «Abbiamo scelto
questo nome, Lieviti, perché il lievito di birra selvatico può cambiare sesso a volontà,
ed altre specie di lieviti non si accontentano di avere solo due
sessi».
Una metafora in termini biologici sulla quale poggia un convincimento preciso, ovvero quello di volere superare quel costume o una certa morale tradizionale impostati sul dualismo tra uomo e donna o fra quello tra omosessuali: «Volevamo prendere posizione contro il binarismo dei corpi, dei generi, dei desideri. Abbiamo fondato Lieviti perché non esisteva al momento alcuna associazione italiana di bisessuali legalmente riconosciuta, al contrario che in altri paesi d’Europa e negli Usa».
Che cosa intende Lieviti per bisessualità? Ed è possibile dare definizioni precise in questo senso in una materia così fluida come la sessualità? «La definizione che usiamo – argomenta la Sasso – si ispira all’attivista americana Robyn Ochs secondo la quale bisessuale è la persona che riconosce di essere potenzialmente attratta, romanticamente e/o sessualmente, dalle persone di più di un sesso e/o genere. Non necessariamente nello stesso momento, non necessariamente allo stesso modo, non necessariamente nello stesso grado».
E c’è di più. «In tanti mi domandano – racconta la presidente – come si faccia a gestire quotidianamente l’attrazione per entrambi i sessi. La risposta che mi sento di dare è che il problema non è l’orientamento sessuale, ma se si vuole essere monogami o poliamorosi. Il monogamo deve evitare le tentazioni. Il poliamoroso, ovvero chi ama più individui contemporaneamente, spesso ha una relazione primaria e deve badare a che le ulteriori relazioni non compromettano questa. Non è che una persona bisessuale abbia un appetito sessuale complessivo superiore a quello dei monosessuali, quindi non riteniamo di avere problemi superiori ai loro». Detto in termini terra terra i bisex, sul piano affettivo, amoroso o sessuale hanno una vita spalmata su più fronti.
Ad ogni buon conto quando si parla di bisessualità ci sono alcuni quesiti che ricorrono in modo abituale. Il primo riguarda quanto questa sia diffusa. La seconda riguarda i problemi che eventualmente incontra un bisex rispetto, ad esempio, ad un o una omosessuale. Da questo punto di vista la presidente di Lieviti cita una recente inchiesta americana secondo cui «i bisessuali sono di più degli omosessuali» mentre un’altra ricerca inglese mostrerebbe che «la bisessualità viene assai apprezzata dai giovani giacché tra le persone di età tra i 18 e 24 anni il 49% si dichiara bisessuale, il 46% eterosessuale, il 2% omosessuale».
La Sasso affronta anche la questione del disvelamento della identità sessuale, che gli anglosassoni chiamano coming out, evidenziando che per i bisex tale pratica esista come per i gay, ma nel caso dei bisex «deve essere ripetuta continuamente» anche per evitare incomprensioni o falsificazioni da parte dei propri partner sottolinea la portavoce.
Ma a fronte di tutte queste evidenze come mai gli omosessuali spesso non credono alla bisessualità, finendo per considerarla omosessualità mascherata? «Nel caso degli uomini bisessuali – precisa la presidente – bisogna dire che tutti pagano le colpe di alcuni.
Non pochi giovani uomini omosessuali fanno coming out a rate, ovvero dicono di essere bisessuali prima di trovare il coraggio di ammettere di essere omosessuali, ma non dobbiamo generalizzare. Nel caso delle donne, è una cosa più complicata: molte lesbiche sono convinte che solo una donna possa amare appieno un’altra donna, e che è perciò improbabile che una donna che ne abbia amata un’altra possa poi amare un uomo. Il risultato è che le donne bisessuali sono spesso accusate di essere delle profittatrici. Quelle “che vanno al letto col nemico”».
Ma come vanno le cose per esempio quando si parla di ritrovi o di locali bisex? C’è una particolarità culturale veneta, nel giudizio o pregiudizio nei confronti dei bisex, o va un po’ come in tutta Italia? «Personalmente – abbozza Sasso – non siamo a conoscenza di locali bisex. Semmai, un fenomeno che è stato notato in tutto il mondo è che le donne bisessuali che cercano uomini non hanno bisogno di sforzi particolari, mentre quelle che cercano donne devono ricorrere ad internet o frequentare spazi lesbici. Questo alimenta anche il pregiudizio di chi è convinto che le bisessuali siano in realtà lesbiche opportuniste, ma il motivo è che i corteggiatori maschi sono sempre e comunque più di quelli che una donna può sopportare. Quanto ai pregiudizi – conclude la Sasso – nel Veneto non ne abbiamo trovati di particolare. Diciamo che la situazione è triste in tutta Italia».
LEGGI IL SERVIZIO IN VERSIONE ESTESA
Una metafora in termini biologici sulla quale poggia un convincimento preciso, ovvero quello di volere superare quel costume o una certa morale tradizionale impostati sul dualismo tra uomo e donna o fra quello tra omosessuali: «Volevamo prendere posizione contro il binarismo dei corpi, dei generi, dei desideri. Abbiamo fondato Lieviti perché non esisteva al momento alcuna associazione italiana di bisessuali legalmente riconosciuta, al contrario che in altri paesi d’Europa e negli Usa».
Che cosa intende Lieviti per bisessualità? Ed è possibile dare definizioni precise in questo senso in una materia così fluida come la sessualità? «La definizione che usiamo – argomenta la Sasso – si ispira all’attivista americana Robyn Ochs secondo la quale bisessuale è la persona che riconosce di essere potenzialmente attratta, romanticamente e/o sessualmente, dalle persone di più di un sesso e/o genere. Non necessariamente nello stesso momento, non necessariamente allo stesso modo, non necessariamente nello stesso grado».
E c’è di più. «In tanti mi domandano – racconta la presidente – come si faccia a gestire quotidianamente l’attrazione per entrambi i sessi. La risposta che mi sento di dare è che il problema non è l’orientamento sessuale, ma se si vuole essere monogami o poliamorosi. Il monogamo deve evitare le tentazioni. Il poliamoroso, ovvero chi ama più individui contemporaneamente, spesso ha una relazione primaria e deve badare a che le ulteriori relazioni non compromettano questa. Non è che una persona bisessuale abbia un appetito sessuale complessivo superiore a quello dei monosessuali, quindi non riteniamo di avere problemi superiori ai loro». Detto in termini terra terra i bisex, sul piano affettivo, amoroso o sessuale hanno una vita spalmata su più fronti.
Ad ogni buon conto quando si parla di bisessualità ci sono alcuni quesiti che ricorrono in modo abituale. Il primo riguarda quanto questa sia diffusa. La seconda riguarda i problemi che eventualmente incontra un bisex rispetto, ad esempio, ad un o una omosessuale. Da questo punto di vista la presidente di Lieviti cita una recente inchiesta americana secondo cui «i bisessuali sono di più degli omosessuali» mentre un’altra ricerca inglese mostrerebbe che «la bisessualità viene assai apprezzata dai giovani giacché tra le persone di età tra i 18 e 24 anni il 49% si dichiara bisessuale, il 46% eterosessuale, il 2% omosessuale».
La Sasso affronta anche la questione del disvelamento della identità sessuale, che gli anglosassoni chiamano coming out, evidenziando che per i bisex tale pratica esista come per i gay, ma nel caso dei bisex «deve essere ripetuta continuamente» anche per evitare incomprensioni o falsificazioni da parte dei propri partner sottolinea la portavoce.
Ma a fronte di tutte queste evidenze come mai gli omosessuali spesso non credono alla bisessualità, finendo per considerarla omosessualità mascherata? «Nel caso degli uomini bisessuali – precisa la presidente – bisogna dire che tutti pagano le colpe di alcuni.
Non pochi giovani uomini omosessuali fanno coming out a rate, ovvero dicono di essere bisessuali prima di trovare il coraggio di ammettere di essere omosessuali, ma non dobbiamo generalizzare. Nel caso delle donne, è una cosa più complicata: molte lesbiche sono convinte che solo una donna possa amare appieno un’altra donna, e che è perciò improbabile che una donna che ne abbia amata un’altra possa poi amare un uomo. Il risultato è che le donne bisessuali sono spesso accusate di essere delle profittatrici. Quelle “che vanno al letto col nemico”».
Ma come vanno le cose per esempio quando si parla di ritrovi o di locali bisex? C’è una particolarità culturale veneta, nel giudizio o pregiudizio nei confronti dei bisex, o va un po’ come in tutta Italia? «Personalmente – abbozza Sasso – non siamo a conoscenza di locali bisex. Semmai, un fenomeno che è stato notato in tutto il mondo è che le donne bisessuali che cercano uomini non hanno bisogno di sforzi particolari, mentre quelle che cercano donne devono ricorrere ad internet o frequentare spazi lesbici. Questo alimenta anche il pregiudizio di chi è convinto che le bisessuali siano in realtà lesbiche opportuniste, ma il motivo è che i corteggiatori maschi sono sempre e comunque più di quelli che una donna può sopportare. Quanto ai pregiudizi – conclude la Sasso – nel Veneto non ne abbiamo trovati di particolare. Diciamo che la situazione è triste in tutta Italia».
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